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Racconto 8491

Pubblichiamo la prima puntata di Racconto 8491, opera di Juan Alberto Guerrero Della Malta che vedrà la carta solo se qualche manciata di lettori fortemente lo vorrà. Così, tanto per tenere nascosto in casa (o meglio, sotto l’erba) un libro fuori dall’epoca.

 

Racconto 8491

 

 

Ah! Ci ha sorpreso a complottare in tempo reale!

 

Mister Faccioillavorodidio

 

 

Partì dall’assunto caro al Potere: i robot non si suicidano.

Blert lo conosceva, se non altro per averlo letto da qualche parte nel Flusso Sparitorifatto. In quel preciso frangente, con i copri-orecchie svolazzanti, sentì di piombare in uno stato di inquietudine profonda.

Due premesse fondamentali di ogni crisi moderna:

…vogliono trasformare i crediti di carta (pardon, di click) in risorse reali (meglio se minerali, terre, case, reti di trasporto, alimenti, ecc.);

… i governi e gli stati sono indotti a seguire e a ubbidire, trascinando nel baratro i propri popoli e le genti.

Si parlava di un pericolo da cui doversi immunizzare. In una fredda e luminosa mattina di marzo, al parco Brituness, gli orologi affondavano i cristalli nella nebbia e sulle alture del vento i signori colà riuniti studiavano le strategie per ottenere il salvataggio di loro stessi e del Potere che servivano per opera delle vittime designate.

Tutto viene retto da una logica: questa è quella di un oceano di acque versatili, ad un tempo sulla schiuma dell’onda e nelle correnti più fredde e profonde.

Blert orecchiava maccheroni incomprensibili… Sfoltimenti dell’ordine dei miliardi, invenzione di quattro mega-alluvioni in Cina e in Siberia, fine delle trasmissioni con quei poveri americani armati, avvelenamento delle acque a scopo di razionarle su scala globale… Si congedò ben presto da simili elenchi.

La lode all’autore-fonte di tutto ciò fu l’unica cosa che capì quando risuonò il ticchettìo dei bicchieri all’acqua gialla.

C’è da inventare l’invenzione e la credenza che la fa essere realtà. Fin qui – aggiunse – problemi zero, abbiamo milioni di agenti e migliaia di strumenti. Poi, però, la credenza va aiutata a riprodursi e a produrre i fatti da noi ideati perché le cose marcino come noi vogliamo tramite tutti questi imbecilli che dovranno ammazzarsi fra loro. E qui può saltar fuori qualche problema, se una certa quota proverà a scendere dalla Macchina.

Ma fuori dalla Macchina c’è il vuoto – osservò sorridendo un altro di quelli col bicchiere – come pensi che possano impensierirci?

Appunto: il vuoto. Siamo noi a doverlo riempire, prima che venga in mente a qualcun altro di provarci. Abbiamo già il nostro pensiero, non lo capite?

Ovviamente – si udì dal movimento di una bolla nell’acqua gialla – saremo noi a porci alla testa di qualsiasi eventuale opposizione. Non è nemmeno un gioco tanto sofisticato: guardate come li abbiamo infinocchiati finora con i Due Minuti di internet…

Sei un pezzente, Attard. Intanto, per cominciare, l’opposizione a noi va creata, non dobbiamo mica aspettare che si formi da sola. Va costruita un’opinione pubblica ferocemente contraria a noi e al sistema. Al limite, dopo qualche decennio di rivoluzioni in giro per il mondo, qualche centinaio di noi dovrà farsi da parte o ci rimetterà la pelle. E che fa? Quel che importa non siamo noi presi come individui o gruppi: è il Grande Schema che serviamo la nostra stella polare. La sua luce, non tu o io, ci incarica quali suoi generali. Anche noi qui riuniti, l’equipaggio dei generali, in situazioni date siamo spendibili. Se la salvezza e il futuro più luminoso del Grande Schema ce lo richiederanno, dovremo anche noi sacrificarci. Non sarò io a deciderlo, io faccio solo il lavoro di Dio, né più né meno di voi, non diversamente da voi: saranno le circostanze e i fatti che costruiremo a farcelo sapere.

Quello che conta, per la riproduzione del Grande Schema, sono i modi di pensare nostri e di quanti proveranno ad incarnarlo anche senza di noi. Se sapremo continuare a formare questi modi di pensare allora vinceremo. Se questo è il compito (e lo è, assolutamente), gente come te, Attard, non ci serve. Autopensionandoti ci toglierai l’impaccio di doverti dimissionare dal Brituness. Ne cogli l’opportunità sin d’ora?

Attard era un personaggio sulla sessantina. Denti bianchissimi e grandi, sorriso catastrofista doc, che spesso mostrava pure negli avatar tramite cui lo si conosceva. Oltranzista e orgogliosamente criminale, aveva avuto un ruolo tutto suo nella dustification del vulcano. Ma era e restava un operativo, per quanto al Brituness tentasse il salto nella mente dei prof.

Negli ultimi tempi era tutto preso a condividere la difficoltà dei suoi colleghi cinesi, le formiche delegate – così li chiamava – alle prese con una ininterrotta catena di suicidi che minacciavano qualche sottile equazione dentro il Grande Schema. Si interessava dei fatti cinesi così come farebbe un prigioniero in isolamento a corto di cioccolata. Era zelante fuori misura e devotissimo al Grande Schema, ma difettava in malignità: quella specifica malignità che fa essere non soltanto ortodosso, bensì propriamente intellettuale. Ecco perché nel Brituness era sempre sotto esame e a rischio di dimissione, il che poteva voler dire, a certe cendizioni, essere vittima di una mutazione fisico-chimica.

Il Grande Schema ricordava quasi solo nel nome dell’aggettivo e in altre apparenze secondarie il suo remoto progenitore, il Grande Fratello.

Quest’ultimo aveva ancora bisogno di falsificare, di censurare e cancellare, di riscrivere il passato, di vaporizzare i vivi e dare la vita a gente mai esistita… Tutto un apparato enorme e assurdo attendeva a quest’opera invero ciclopica e dispendiosissima. Il Grande Fratello, in fondo, presupponeva qualcosa che si producesse suo malgrado, al di fuori del suo “sistema”, in qualche oscuro recesso di mondo.

Il Grande Schema no. Esso fabbrica tutto da sé e nulla presuppone al di fuori del mondo pieno che esso è.

Se il Grande Fratello aveva bisogno di un Ministero della Verità (Miniver in neolingua) per affermare il suo verbo e rinominare ciò che nasceva non conforme, il Grande Schema lo ha superato concettualmente perché è approdato all’istituzione del Ministero della Felicità Senza Verità.

Come esso funzioni e perché resta ignoto: se ne vedono solo alcuni lampi discreti nel modo di lavorare di gente come Attard. Il perfezionamento continuo della neolingua non è un suo obiettivo: il Grande Schema genera un sottolinguaggio del tutto nuovo ad ogni fabbricazione di eventi che intraprende.

E, a differenza del Grande Fratello, non ha un volto che vi guardi da telecamere, teleschermi o da tabelloni sparsi per la città e nei centri commerciali. Il Grande Schema non vi martella il cervello. Non ne ha bisogno. Vi ha già rifatto tutto, anche i sensi. Non ha nemmeno bisogno di convincervi che due più due fa cinque perché ha fatto in modo che la proclamazione di tali verdetti provenga da voi di quando in quando… Il suo volto è irrappresentabile, e non perché qualcuno abbia diramato una direttiva in tal senso. Non vi è nemmeno, per quel che si sa, un esplicito incoraggiamento a rappresentarlo: disegnatori, pittori, scultori, videomaker ed altri artisti possono fare ciò che vogliono, ma finora nessuno c’è riuscito. La rappresentazione del Grande Schema, sul più bello, sfugge a chiunque, si dilegua mentre tutto scorre e infine si dissolve senza che l’osservatore abbia la possibilità di farci su un esperimento.

Pochi erano consapevoli dell’impossibilità di rappresentarlo. Attard, ad esempio, non lo sospettava nemmeno. Aveva in odio tutti quelli che osavano andare off topic, anche se lui per primo non sapeva fornire una spiegazione di cosa fosse quel topic, non riuscendo a distinguerlo come specie dagli altri topic ammessi.

Un giorno gli capitò di far arrestare un reporter della BBC che aveva “scoperto” un campo di addestramento segreto Usa-Nato nel sud della Turchia. Lo fece arrestare non perché temeva che rivelasse una parte delle operazioni volte a far capitolare il governo siriano, ma perché quel tipo due settimane prima, fermo in Italia in attesa del pass per la Turchia, si era lanciato in un improponibile aggancio logico tenendo insieme in un unico ragionamento Islanda, Argentina, FMI e ritorno alla libera creatività degli italiani non ancora decerebrati dall’opera degli intellettuali di pacesinistra, del fu PCI e marxisti in genere.

Eccolo, Attard. Esce di casa scortato da due grossi cani neri. Alle 8 e un quarto telefona a qualche suo collega cinese che lo mette al corrente dell’andamento dei suicidi alla Foxconn. Dopo qualche minuto di indecisione chiama i suoi uomini alla Apple e ordina loro di far ritirare dal commercio il videogioco “Phone Story”, una sorta di critica al sistema fabbrica-prigione della Foxconn ideato da molli e ingegnosissimi free lance italiani.

Poi deve salire in macchina, forse prende un aereo, anzi due. Sale e scende e si dà 30 minuti di pausa. Non beve, non fuma. Si spalma solo delle fette di burro Manao sulla crosta sottile del pane azzimo che sua madre gli impose da piccolo. Il resto ovviamente è coca, e non ci pensa più fino a tarda sera.

Ma quella mattina aveva, tra un volo e l’altro, un importante incontro. L’emiro del Bel Panar l’avrebbe ricevuto nella sua suite all’hotel Vulcano.

 

(continua prossimamente)

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