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11 settembre dieci anni dopo. Meglio provare a dire la verità anche sul “movimento per la verità”

Premessa.

Questo è il primo di alcuni interventi dedicati all’anniversario di un giorno che da dieci anni è sempre presente. Presente in profondità, anzitutto, impresso nella mente delle moltidudini del pianeta quale messaggio diramato dal Potere appunto per terrorizzare, spia ultima del suo ineluttabile nichilismo senza speranza: «Siamo disposti a far durare questo mondo anche se così facendo mandiamo tutto in catastrofe» – questo ci hanno detto nel loro funesto delirio i dominanti l’11 settembre 2001…

Anche quanti hanno tentato e tentano ancora di rimuovere questo messaggio sono costretti a giocare a nascondino con le sue ombre cupe e onnipresenti. A nostro avviso, se un discorso fondato e comprensibile sulle sorti della specie può essere ancora fatto, esso deve partire anche da qui. In queste righe ciò verrà costantemente tenuto presente.

Da più parti è stato notato che il decimo anniversario è stata l’occasione (magari più in Italia che altrove) per praticare un certo “sdoganamento” delle “teorie alternative” sostenute dal “movimento per la verità”. Il mainstream e varie risorse umane in forza all’opposizione fittizia, compresi alcuni influenti gatekeepers mediatici (qui da noi, da ultimo, l’idealtipico Minoli), avrebbero in una certa misura concorso a rappresentare anche le “ragioni dei complottisti”, pur continuando ad irrorare le menti di abbondanti veleni depistanti. Se così fosse, ci troveremmo certamente di fronte all’ennesimo rilascio controllato di rivelazioni parziali (limited hangout), ovviamente organizzato per allontanare e distrarre ancor di più e meglio le menti dalla ricerca di una verità più profonda che per il Potere è comunque inammissibile far conoscere.

Non sappiamo fino a che punto questa lettura riesca da sola a cogliere l’essenza e i tratti caratteristici di questo decimo anniversario. Nel seguito di queste righe proveremo a proporre una lettura differente.

Assai rivelatrice ci appare una circostanza che qualcuno avrà forse notato: il comune denominatore degli svariati discorsi “a dieci anni da quel giorno” è stato – tanto dal lato dei sostenitori della mitologia ufficiale quanto da quello degli esponenti del “movimento per la verità” – un rituale di ripetizione dell’identico, nel senso della messa in scena e della celebrazione autoreferente delle proprie strategie comunicative davanti a moltitudini in questo frangente già variamente bombardate dai cover up sull’aggressione alla Libia e sulla “dinamica della crisi globale”. Anche ammettendo che vi sia stata una qualche operazione di limited hangout da parte del mainstream ci troveremmo pur sempre all’interno di una strategia compatibile con la ripetizione dell’identico: slittamenti di giudizio e ammissioni pilotate fanno del resto parte a pieno titolo della logica versatile che informa il comportamento di tutte le agenzie mediatiche ed intellettuali (in special modo quelle legate alla fu sinistra) deputate alla gestione della ripetizione dell’identico, che include non a caso il management del consenso e la contestuale fabbricazione del dissenso.

In aggiunta a ciò, il fuoco incrociato della querelle infinita fra “critici della versione ufficiale” e “debunkers” fa ormai parte anch’esso da tempo – specialmente in rete – della medesima ripetizione. Non solo: con il passare degli anni, la gran quantità di tempo e di energie intellettuali che diversi esponenti del “movimento per la verità” e tanti suoi sostenitori hanno dovuto impiegare in questa querelle ha finito per favorire la strategia dei gatekeepers suggeritori dei debunkers, anche indipendentemente dalla puntuale demolizione, più volte riuscita, delle loro criminose fumisterie. Il problema è che il fronte di fuoco giustamente schierato contro i debunkers a lungo andare è venuto a formare una sacca di diversione in cui sono rimaste intrappolate tante intelligenze che avrebbero potuto, a partire almeno dal 2008, essere spese meglio diversamente e altrove, dentro e fuori il “movimento per la verità”.

Un certo infognarsi nella polemica con i debunkers era in parte inevitabile e possiamo metterlo nel conto. Il punto cruciale, tuttavia, è che tale processo si è svolto proprio mentre negli Stati Uniti all’interno del “movimento per la verità” stavano covando, a partire almeno dalla fine del 2006, altri due fenomeni il cui significato non è stato fino ad oggi oggetto di alcuna indagine critica approfondita. Ci riferiamo:

a) alla formazione di una ufficialità dominante dentro il movimento, quella delle società di stampo accademico degli Scholars, degli ingegneri, degli architetti, dei piloti, dei veterani, ecc. “for 911 Truth”, con la loro immancabile quanto probabilmente inattuabile rivendicazione di una “nuova indagine” o “commissione indipendente” o “alto tribunale” che ovviamente nessuna autorità promanante dal Potere attuale potrà mai concedere;

b) al sempre più evidente affievolirsi della qualità del dibattito interno, all’accantonamento della discussione razionale e al rifiuto del confronto sulle evidenze, anzitutto in relazione alle puntuali ricerche sulla dinamica dei “crolli” delle torri del WTC portate avanti da Judy Wood e da quanti non sono disposti a recitare il mantra della demolizione controllata a base di termite (semplice, nano o super, da sola o combinata con esplosivi tradizionali).

È accaduto che, al riparo del rumore di fondo fornito dalla polemica contro i debunkers e i mainstream media, si sia venuto gradatamente formando una sorta di 911 Truth Movement Consensus che ruota attorno a figure come Steven Jones, Richard Gage e Niels Harrit, fermo restando, sul piano dell’immagine pubblica “spendibile”, l’autorevole ruolo giocato dal “decano” del movimento, David Ray Griffin. La manifestazione esemplare di questo peculiare Consensus si è avuta proprio durante le recenti giornate dei Toronto Hearings (8, 9, 10 e 11 settembre 2011), dove malgrado una nutrita sequenza di interventi e comunicazioni nessun relatore ha saputo indicare un qualche sentiero nuovo sul piano della ricerca della verità sui fatti di quel giorno.

Che un vero dibattito e un confronto sulle evidenze possano non far parte degli ingredienti-base della querelle contro i debunkers è cosa ormai data quasi per scontata, viste le innumerevoli tecniche di diversione e sorvolo messe in campo da questi ultimi. Che situazioni di questo tipo vengano a riprodursi con specifici tratti anche all’interno del “movimento per la verità” è invece un fatto che dovrebbe destare il più forte allarme indipendentemente dalle posizioni che ciascuno ritiene di dover sostenere…

La termite non è  “best evidence”

Come molti sapranno, da qualche mese si è costituito, pare proprio sotto il decisivo impulso di D. R. Griffin, il Consensus 911 Panel, aggregazione di personalità e studiosi che mira a consolidare il fronte comune contro i debunkers e la mitologia ufficiale, tenendo sempre e comunque sullo sfondo la speranza di una qualche assise giudicante internazionale capace di porre in causa la narrativa dominante. Ne fanno parte anche gli italiani Giulietto Chiesa e Massimo Mazzucco. (1)

Il perno attorno al quale ruota questa aggregazione è l’idea di “best evidence” alla quale i componenti del Panel dicono di attenersi al fine di far luce il più possibile sugli eventi di quel giorno. Da quel che si riesce a capire, tale “best evidence” pare avere a che fare con tutto ciò che è capace di «provare direttamente la verità» piuttosto che con quanto, semplicemente, la suggerisce. Lasciamo pure in un angolo protetto, per il momento, la questione (comunque di rilievo) relativa al se e al come una simile griglia concettuale possa essere utilizzata quando ci si deve confrontare con eventi come l’11 settembre, orchestrati by design dai dominanti in modo tale che buona parte della “best evidence” è stata direttamente fabbricata o deriva da fabbricazioni preventive e cover up “in corso d’opera”. Assumiamo invece quale affermazione affatto rilevante per le sorti del Consensus quella relativa alla pratica di ricerca che si vorrebbe appunto basata sulla “best evidence”. Essa implica – ci viene detto esplicitamente – l’integrazione di «individual professional expertise» e «the best available documentary and scientific evidence».

Nella gran parte dei sentieri che formano il labirinto dell’affaire 11 settembre, tale pratica di ricerca ha in effetti prodotto negli anni una serie di risultati incontrovertibili che hanno posto le asserzioni del “movimento per la verità” un gradino sopra le elucubrazioni dei debunkers e dei mitografi del mainstream. Vi è però un aspetto cruciale rispetto al quale i componenti del Panel e tutti gli esponenti più in vista del movimento sembrano aver rinunciato a ricercare dove porta la luce della “best evidence”: la dinamica dei “crolli” delle Torri e dell’Edificio numero 7. Per quali ragioni?

Una volta che Steven Jones, analizzando alcuni campioni delle polveri prodotte dal dissolvimento del WTC, ha avanzato l’ipotesi della demolizione controllata tramite esplosivi elevando a fattore decisivo dell’operazione l’uso della termite (in versione standard, super o nano), il movimento si è come appisolato su tale ”scoperta”, quasi che la stragrande maggioranza degli attivisti ritenesse di essere ormai in possesso di una spiegazione esaustiva del fenomeno basata appunto sulla “best evidence”.

Eppure già dal 2007 erano disponibili in rete le analisi di Judy Wood (2) che ponevano seriamente in dubbio l’ipotesi dell’uso della termite a partire da due diverse evidenze crucialissime passate sotto silenzio da Jones e da quanti si sono posti sulla sua scia: 1) la termite taglia e fa colare l’acciaio, ma non è un esplosivo; 2) la termite non è in grado di produrre il dissolvimento a mezz’aria delle Torri in polvere finissima e la conseguente scarsa presenza di detriti (non più del 15-20% del volume dell’acciaio e del cemento di ciascuna torre) sul suolo del WTC.

 

 

Il colpevole silenzio circa l’inconsistenza dell’ipotesi-termite si è andato estendendo dopo la pubblicazione dell’articolo di Harrit-Jones-Gage ed altri intitolato Active Thermitic Material Discovered in Dust from the 911 World Trade Center Catastrophe. (3) Il movimento ufficiale sembrava aver messo una pietra tombale sopra l’argomento mentre a vari livelli proseguiva l’ostracismo nei confronti delle ricerche di Judy Wood, sempre più spesso grossolanamente deformate per farle sembrare esternazioni di junk science.

Recentemente, però, l’ingegnere chimico T. Mark Hightower, in collaborazione con il filosofo James Fetzer (nel 2005 già fondatore con Jones degli Scholars), ha smontato la pretesa indimostrata del carattere “altamente esplosivo” della termite in versione nano riportando nel semplice diagramma che segue la sua velocità di detonazione, grandemente al di sotto rispetto a quella di ordinari esplosivi quali TNT e RDX. (4) 895 metri al secondo è, per giunta, un valore ben lontano da quello della velocità del suono, soglia che occorre almeno eguagliare o meglio ancora superare per poter parlare di un esplosivo capace di distruggere e frammentare materiali e strutture in acciaio e cemento.

 

A questo punto è andato in onda un dibattito a distanza fra fortini di pietra che si conoscono benissimo, con Hightower che nella primavera di quest’anno è addirittura arrivato ad offrire 1000 dollari (The Nanothermite Challenge) agli Architetti e Ingegneri per la Verità sull’11 settembre (A & E for 911 Truth), sfidandoli a dimostrare a colpi di articoli peer reviewed come la nanotermite possa essere impiegata alla stregua di un potente esplosivo. (5)

Eravamo tuttavia nell’imminenza del decimo anniversario e la questione è stata ovviamente silenziata dai rumori delle commemorazioni ripetenti da tutte le parti l’identico.

Continua…

 

Note

(1) Cfr. http://www.consensus911.org/.

(2) Cfr. www.drjudywood.com.

(3) Apparso nel The Open Chemical Physics Journal (Bentham Open) nell’aprile 2009, versione PDF in http://benthamscience.com.

(4)  T. Mark Hightower (con James Fetzer), Nanothermite: If It Doesn’t Fit, You Must Acquit, in http://tmarkhightower.wordpress.come http://jamesfetzer.blogspot.com.

(5) Cfr. J. Fetzer, Has nanothermite been oversold to the 911 Truth community?, in http://jamesfetzer.blogspot.com, 1-5-2011.

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