È stato fortunato Ireneo Corbacci ad entrare in possesso di una copia dell’effettiva Costituzione italiana rinvenuta a Milano tra le rovine fumanti (vi ricordano qualcosa?) di Expo 2015 da Alfredo, il precario “disinstallatore a chiamata” del suo pamphlet La Costituzione del 2016 che abbiamo segnalato in anteprima. E noi siamo stati fortunati con lui a poterla leggere nella sua originaria versione più autentica. Se la verità in generale rende liberi, come potrà non farlo un documento che per la prima volta fa conoscere alle moltitudini la voce del loro padrone?
Forse senza saperlo, questo giovane operaio ci ha messo tra le mani un testo scottante di estrema attualità, la vera Carta – invisibile ai più – sottostante lo Stato di diritto italiano, le istituzioni della democrazia rappresentativa e la Repubblica parlamentare nata dalle ceneri del fascismo. Dobbiamo dunque essergli grati. Si è trattato di un ritrovamento archeologico, fortuito quanto si vuole ma fondamentale, che ci permette di meglio decifrare non pochi avvenimenti contemporanei. Un grazie allora anche a Ireneo che lo ha reso di pubblico dominio.
Qui di seguito presentiamo ai lettori di Faremondo alcune riflessioni che ci sono state suggerite dalla lettura di questa eccezionale documentazione, la cui importanza non sfuggirà di sicuro a nessuno. D’altro canto, se la Costituzione reale che per decenni ha retto i destini della Repubblica italiana esiste davvero, essa deve aver avuto una sua qualche origine negli avvenimenti del passato. Ed è questo principalmente l’argomento del nostro intervento, insieme del resto alle imposture che vengono ancora oggi propinate all’opinione pubblica nazionale dall’attuale dibattito sulle ragioni del Referendum di dicembre e che qui tentiamo di additare.
La Redazione di Faremondo.
Novembre 2016
Il prossimo referendum costituzionale
Un Manifesto contro
Quando il gioco si fa duro,
bisogna mentire.
Claude Juncker
(Presidente della Commissione europea, per niente gaffeur)
Indice
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Corrispondenze di amorosi sensi
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I presupposti storici: quello che non ci viene detto
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Full spectrum dominance: il capitale finanziario Usa
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La reale posta in gioco del referendum: chi perde e chi vince veramente
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Corrispondenze di amorosi sensi
A differenza di quanto i media vorrebbero farci credere, i due schieramenti apparentemente contrapposti non rispecchiano affatto una presunta spaccatura politica del paese in due fronti distinti. Il fatto che all’interno di ciascuno di essi, nel partito del Sì e nel partito del No (PdSí e PdNo), si trovi un po’ di tutto, quasi tutte le tendenze del panorama politico italiano, mai cosí tristo, e una folla di personaggi impresentabili, non deve ingannare.
Intanto, all’interno di ciascun fronte esiste un perno politico attorno a cui tutto o pressoché tutto ruota. Nel primo caso è ovviamente il PD, un mostro politico di prima grandezza, una sorta di Frankenstein partitico, assemblato nel corso del tempo con parti smembrate di organismi ormai deceduti e riesumati per la bisogna (un pezzo consistente della DC, rottami vecchi e giovani del già vecchio Pci, e poi brandelli radicali, socialisti, ecc.). Nel secondo è invece il M5Stelle, al quale tutto il PdNo (i cd Costituzionalisti, una parte della società civile, Il fatto quotidiano, ecc.) tira in pratica la volata, giacché di fatto lo propongono come un’alternativa a Renzi e lo vorrebbero alla guida del paese (si veda in merito l’editoriale di Marco Travaglio nel Fatto quotidiano del 29 novembre) Per questo il M5Stelle sta già selezionando il suo personale di governo (la sua futura “squadra di governo”).
Luigi Di Maio, autodefinitosi «un uomo delle istituzioni»
In secondo luogo, dietro e sotto questo scontro apparentemente acceso dei due fronti prende forma tuttavia una operazione di “falsa bandiera” che tramite la presunta difesa della Carta vorrebbe in realtà far passare un altro disegno, complementare a quello di Renzi, ma gestito da un altro personale politico magari meno dilettante, meno mediocre e screditato dell’attuale.
Sia chiaro, Renzi e il suo staff, entrambi nominati dai vertici di Confindustria, a sua volta braccio locale del capitale finanziario Usa, portano avanti un loro progetto di riforma funzionale agli interessi del grande capitale nazionale e internazionale. Meno impacci legali possibili e massima flessibilità della forza lavoro (il che significa disoccupazione permanente, occupazione precaria, bassi salari ma anche salari da fame, minori tutele sindacali, ecc., per gran parte della popolazione).
Renzi è quindi scopertamente un agente degli Usa, un soggetto messo lì per fare quelle cose lì, dice Marchionne. Punto e basta. Non c’è bisogno di abbellimenti: deve realizzare un’agenda politico-istituzionale che gli è stata dettata dai poteri forti della financial community di New York (magari tramite le attuali formazioni evolutive della fu P2 di Gelli, la Massoneria, gli ambasciatori Usa o qualsivoglia altra agenzia dei dominanti statunitensi). Ecco tutto. In questo senso è un nemico scoperto, dichiarato, senza tanti orpelli di contorno, la brut(t)a faccia del potere finanziario-economico di fatto di Wall Street.
D’altro canto, perché il PdNo sia solo l’altro volto di Renzi, a dispetto della fierissima polemica che sembra contrapporli in modo inconciliabile, è una realtà che ci viene svelata da una serie di fatti. E li troviamo tutti all’interno del PdNo. Nondimeno, prima di vederli nel dettaglio conviene precisare il fatto che l’apparente conflitto tra i due opposti schieramenti non rappresenta affatto una mera finzione o un semplice gioco delle parti costruito a tavolino. Tutt’altro. In questo preciso senso.
Per poter avere successo e presentarsi come vera o indubitabile la polemica deve infatti basarsi su dati di fatto tangibili e additabili. Nello specifico, il casus belli oggi sono naturalmente gli articoli dell’attuale progetto di riforma costituzionale, la cui natura ha assunto i contorni di una controriforma ispirata ad una sorta di pericoloso cesarismo nazionale dall’evoluzione imprevedibile (per noi, ma prevedibilissima e prevista dai suoi occulti architetti statunitensi!). A questo poi si aggiungono ad es. gli atti impropri del governo, le gaffe istituzionali, gli scandali, il malgoverno, i brogli elettorali, la collusione col crimine, la corruzione, il voto estero truccato, l’incompetenza spesso, fatti di cronaca che sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti (e il governo ne sforna a iosa ogni giorno). Esistono quindi concrete circostanze al contorno e dati di fatto che rendono verosimile o credibile il contrasto.
Il carattere reale della controversia è una via obbligata per far apparire la disputa per quello che non è. La credibilità è la chiave, diceva Herbert Kahn. Il falso conflitto diventa così indistinguibile da ogni sua fabbricazione e risulta piuttosto corrispondere a verità. Invece di una simulazione, abbiamo qui una ben più sofisticata emulazione (che renderà pressoché impossibile ai comuni mortali distinguere il grano dal loglio e riconoscere come stanno effettivamente le cose). In quel mondo di fumo alla rovescia è quasi impossibile comprendere la reale posta in gioco della contesa (per questo fine del resto è stato concepito e mandato ad effetto). Come diceva Paul Watzlawick, un periodo prolungato di conflitti reali (o con l’apparenza della realtà) è una condizione preliminare per il successo dell’impostura e la trasmissione riuscita della menzogna.
Avendo in pratica il monopolio dell’informazione, vale a dire il supporto per il momento della grande stampa nazionale e il controllo delle TV (financo di quelle berlusconiane), il PdSí fa naturalmente di tutto, ogni giorno, per occultare con la disinformazione e il depistaggio la sua effettiva natura e la sua sostanziale inadeguatezza, il fatto che si è rivelato non all’altezza dei compiti che gli erano stati assegnati dagli Stati Uniti tramite la mediazione di Marchionne e di FCA, il braccio italico del capitale finanziario americano e della financial community di New York.
Alla falsa polemica costruita in modo che risulti vera si intreccia dunque anche l’azione – ambigua (come tutto il teatro dell’assurdo all’aria aperta del resto che viene squadernato davanti alla opinione pubblica italiana in questa occasione) e in grado di giocare su più tavoli ad un tempo – del grande capitale nazionale ed estero che tramite i suoi esponenti di punta (Romiti ad es. oppure il Financial Times di Londra, solo per citare due esempi tra i più recenti) appoggia contemporaneamente entrambi i fronti, ora il PdSí ora il PdNo (e i 5Stelle in quest’ultimo fronte in particolare), giusto allo scopo di predisporsi delle alternative in caso di fallimento o di successo di uno degli schieramenti. Chiunque perda, loro hanno già vinto.
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I presupposti storici: quello che non ci vien detto
Quali sono dunque i fatti, emergenti dal seno stesso della natura del PdNo, che ci dimostrano quanto questo schieramento, con una sua precisa articolazione interna e suoi propri fini, sia un semplice proxy degli Stati Uniti (l’ennesima fake opposition, insomma) e il fratello gemello del PdSí?
Intanto, la bandiera della difesa della Costituzione, il cavallo di battaglia dei finti oppositori di Renzi (a sua volta un proxy mediocre di ben altri potentati), è una “falsa bandiera” sventolata in guisa di smoking screen ad uso e consumo delle masse (divenute nel frattempo, da tempo ormai, mera “massa di manovra” nelle mani di chi pianifica e dirige gli eventi) dietro cui è però possibile intravedere ben altra realtà (tanto quella bandiera è divenuta un colabrodo e l’ombra diafana di se stessa, per sventura o per nostra ventura).
È bene infatti tener presente alla mente il fatto che la frazione diciamo mediatica del PdNo – quella che si spende prevalentemente nei Media senza avere alcun ruolo politico diretto: i cd Costituzionalisti, giornalisti come Travaglio, opinionisti come Furio Colombo, ecc. – occultano scientemente e passano letteralmente sotto silenzio, senza mai menzionarla, tutta una parte fondamentale della storia pregressa d’Italia, perlomeno dalla caduta del fascismo in poi. E non si tratta di mera convenienza, né di negligenza, né di una condotta selettiva che sceglie argomenti di comodo al posto di altri. Per quanto poco commendevole, una simile opzione potrebbe essere comunque ammessa. No, c’è una ragione più di fondo all’origine di quei silenzi interessati.
Il fatto è che tale preliminare censura, effettuata con la scure dei loro interessi di parte, rappresenta una precondizione indispensabile per poter fare oggi l’apologia della Carta. Senza quella colossale rimozione non sarebbe stato possibile impostare l’attuale scontro politico sulla base di una presunta difesa dell’impalcatura costituzionale del nostro paese. Sarebbe divenuto impossibile, in altri termini, schierarsi contro il governo odierno e contrapporre alla sua riforma i cosiddetti principi dello Stato di diritto codificati nella Costituzione repubblicana del 1948. D’altro canto, del pari sarebbe divenuto impossibile tirare la volata ai 5Stelle e fungere da volano per la loro eventuale sostituzione dell’esecutivo Renzi. Le due cose, di fatto, insieme stanno e insieme cadono. Un duplice motivo questo che ha reso ancor più vincolante il ricorso alla rimozione di cui si è detto.
Che cosa, esattamente, cancella dalla nostra storia repubblicana l’attuale apologia incondizionata della Costituzione? Una serie di dati di fatto che disegnano un’altra storia del Novecento italiano, una storia che se fosse stata raccontata avrebbe fatto emergere un contesto che il PdNo non aveva alcun interesse a lasciar trapelare (ancor meno ne aveva ovviamente il PdSí), visto che avrebbe ridotto in macerie la loro narrazione politica delle cose.
►In primo luogo, infatti, tutti i personaggi chiamati in causa fanno sparire dalla scena, vale a dire dalla loro rappresentazione apologetica della Carta, il fatto che nel primo dopoguerra italiano è andato in porto, col supporto attivo degli Usa in un paese occupato militarmente e l’uso della DC come vettore politico dell’operazione, un massiccio riciclaggio di tutto il personale fascista e persino monarchico degli apparati amministrativi e del potere politico precedente (Ministeri, Prefetture, Amministrazione della giustizia, Sistema penale, Esercito, l’intero personale accademico, 1250 cattedratici nel 1931, del sistema monarchico-fascista degli atenei: l’humus intellettuale da cui poi uscirono fuori non pochi giureconsulti della Costituente!, ecc.) dentro la neonata Repubblica (prima ancora addirittura che quest’ultima nascesse nel 1947: mica dormono sugli allori i dominanti! Ancora meno se parlano anglosassone: non hanno tempo da perdere questi ultimi). Di fatto, questo personale non si è mai mosso né è mai stato rimosso dai propri posti. Ed era necessario che vi rimanesse, per poter in seguito svolgere alcune delicate funzioni politiche, attività criminali incluse, contro la Costituzione che si sapeva sarebbe ben presto nata.
►In secondo luogo, una volta assicurata cosí la famosa continuità dello Stato, un potere illegale di fatto viene insediato nel cuore della Repubblica, gli Uffici di vertice delle forze armate e del Viminale vengono diretti da personale della Corona e/o del passato regime, i trattati segreti vengono stipulati all’insaputa del Parlamento e in violazione immediata della Carta appena promulgata, e poi: Stay behind, Gladio, gli eserciti segreti vietati dalla Costituzione, i fascisti in armi dentro i Ministeri, le cellule segrete all’interno degli apparati cosiddetti di sicurezza, i servizi d’informazione di Stato con loro propri fondi occulti e naturalmente illegali gestiti da vecchi funzionari del regime fascista, ecc., con una escalation progressiva che tramite il piano Solo del 1964, il Convegno dell’Hotel Parco dei Principi di Roma del 1965, la strage di Piazza Fontana a Milano del 1969 e per tutti gli anni ’70 e oltre arriva alla nascita di un vero e proprio terrorismo di Stato pianificato, organizzato e gestito direttamente dal potere politico italiano dell’epoca su commissione dei dominanti d’oltreoceano.
In pratica, dal 1945 in poi non c’è anno della neonata Repubblica che non veda nascere dall’interno delle sue istituzioni di vertice e ad opera dei suoi stessi funzionari, gran parte dei quali, si noti la cosa, Padri Costituenti (ben 209 su 552 deputati dell’Assemblea costituente erano DC, quasi il 38% del totale), un’attività politico-militare segreta volta al sovvertimento del nuovo sistema democratico. Il terrorismo di Stato nasce dal seno stesso delle nuove istituzioni ad opera di quel personale politico, in teoria il custode della Costituzione, che avrebbe dovuto garantire e tutelare il sistema normativo della Repubblica, le famose regole del gioco, vergate nero su bianco nella Carta sulla quale tutti questi figuri avevano solennemente giurato.
►In terzo luogo, l’intero schieramento che fa l’apologia della Costituzione scritta italiana, l’odierno PdNo, osserva un rigoroso silenzio di tomba su due altri avvenimenti cruciali della storia più recente dell’Occidente, entrambi punti di svolta degli avvenimenti del secolo scorso e presente. Innanzitutto sul sequestro Moro, l’evento culminante di tutto il processo di formazione del terrorismo di Stato precedente che in questa occasione ha trovato modo di esprimersi all’ennesima potenza.
In pratica, un delitto commesso dai servizi di sicurezza dello Stato a danno di propri funzionari e di un alto rappresentante delle istituzioni come Aldo Moro, candidato in pectore alla presidenza della Repubblica – la cosiddetta pistola fumante che dimostra l’esistenza dietro le quinte di un glaciale terrorismo di Stato – tanto viene letteralmente ignorato dal PdNo e dai giureconsulti che ne fanno parte, quanto viene spiegato paradossalmente con la stessa versione ufficiale, quella dei perpetratori, che così si vedono tutelati per ben due volte da tali soggetti: sia perché questi ultimi non si impegnano in nessuna analisi critica dei fatti, sia perché quando si occupano dell’affaire non fanno altro che ricalcare gli argomenti dei perpetratori (attaccando e ingiuriando en passant, già che ci sono, tutti coloro che documentano con prove inoppugnabili l’esistenza di ben altra realtà dietro la facciata di cartone della storia ufficiale).
D’altro canto, il PdNo, coadiuvato in questo anche da tutti i cd sovranisti italiani, i cascami della vecchia sinistra italica, ecc., tutti “utili idioti” al servizio di padroni che non sanno di servire nel peggiore dei casi (il migliore sarebbe se fossero pagati per farlo: ma no, lo fanno gratis!), osserva un altrettanto granitico silenzio, nello specifico significato sopra precisato, anche rispetto agli avvenimenti dell’11 settembre 2001 sul suolo statunitense.
Anche in questo caso, infatti, tragica gigantografia del caso Moro su scala internazionale, tutti i personaggi che fanno parte del PdNo tanto sposano con indissolubile rito cattolico romano la spiegazione fornita dai perpetratori (ripetendone come primati ammaestrati gli argomenti prefabbricati), nella fattispecie i “tenutari reggitori” dei fili del governo Bush dell’epoca, quanto attaccano e denigrano senza sosta qualunque spiegazione alternativa degli eventi (facendoci così capire, à l’envers, quanto siano ribelli e insofferenti rispetto ai cliché). Non solo.
Come in una sorta di grottesco replay del caso Moro, tutti questi soggetti (sovranisti, marxisti, liberals, progressisti, critici severissimi dell’esecutivo Renzi, democratici senza macchia e senza paura, ecc.) sia non si occupano minimamente dei fatti e delle evidenze che dimostrano la falsità e persino l’impossibilità fisica della spiegazione ufficiale, esibendo un crasso disdegno per qualsiasi analisi delle prove forensi disponibili, sia bollano di norma tutti coloro che documentano l’esistenza di ben altri scenari dietro gli eventi del settembre 2001, con un linguaggio tra l’altro mutuato da funzionari militari dell’esecutivo Usa, con gentili etichette deterrenti (la più soft delle quali è “complottisti idioti”, copyright Travaglio, plagio del resto di un originario marchio di fabbrica Usa) che di nuovo ricalcano, alla lettera, l’idioma preferito dei perpetratori per sbarazzarsi preventivamente di ogni eventuale dissenso (e del pericolo, neanche tanto remoto negli Stati Uniti, che possa un giorno o l’altro affiorare la verità).
►In quarto luogo, muniti di tale agguerrito arsenale gentilmente fornitogli dai loro committenti statunitensi, i soggetti che guidano il PdNo, compresi i loro volenterosi portatori d’acqua (o come diceva Herman Kahn, il dott. Stranamore di Kubrick, nel suo Report from Iron Mountain, “hewers of wood and drawers of water” dei dominanti), adottano le stesse identiche condotte prima illustrate nei confronti del terrorismo occidentale esercitato su scala internazionale (divenuto tra l’altro permanente dopo l’11 settembre 2001, l’inside job che ha dato inizio al nuovo Millennio, concepito, pianificato, organizzato e mandato ad effetto da selezionate menti infiltrate nell’esecutivo del tempo).
Herman Kahn, l’eminenza grigia di McNamara
Se era da sempre attivo all’interno dei paesi metropolitani contro la popolazione civile, era forse naturale che esso si proiettasse anche verso l’estero, in paesi indistintamente alleati o ostili. In questo senso, tale terrorismo occidentale è grottescamente democratico: non fa alcuna distinzione tra le sue vittime. Le tratta tutte allo stesso modo: popolazioni spendibili per i superiori interessi della compagnia (come spiegava ad una incredula Ripley il computer Mother dell’astronave Nostromo nel film Alien).
È oltremodo interessante vedere in una breve rassegna di sintesi come funzioni la logica del terrorismo internazionale occidentale, che è poi la stessa logica del terrorismo di Stato prima sperimentato all’interno delle società occidentali dagli stessi dominanti di questi paesi. Vediamone dunque brevemente le modalità di esercizio:
(1) prima si organizzano e si pianificano gli attentati contro la popolazione civile metropolitana tramite opportuni agenti di opportune agenzie create all’uopo dagli Stati Uniti: all’inizio Al Qaeda, oggi Isis ecc.;
(2) poi si accentua la repressione interna tramite il rafforzamento delle misure di sicurezza e la conseguente riduzione degli spazi di libertà politica, individuale e sociale formalmente ancora garantiti dallo Stato di diritto ma sempre più precari e comunque soggetti a compressione (ed eventuale, se indispensabile, sospensione e soppressione);
(3) insieme si sparge il terrore tra la stessa popolazione interna che si è prima massacrata enfatizzando le situazioni di allarme e sollevando continue emergenze (che d’altra parte possono rapidamente passare da virtuali a reali: per poterlo fare è infatti sufficiente attivare chi di dovere);
(4) poi lo si alimenta con le ricorrenze (celebrazioni, date, targhe ricordo, monumenti, ecc.) dedicate alle loro vittime (e anche qui gli Usa hanno fatto scuola col 911: esemplare Bush sulle rovine fumanti del WTC che sventola la bandiera americana! Una grottesca icona del nichilismo dei dominanti: da brivido ma proprio per questo indimenticabile);
(5) poi si utilizza il terrorismo made in Usa per condurre guerre preventive, dirette o per procura o mediante soluzioni miste, contro dati paesi di date aree geografiche strategiche (contro la Siria oggi, prima contro la Libia, poi l’Iran, ecc., avendo di mira contestualmente i BRIC);
(6) poi, vale a dire contestualmente si noti la cosa, si provocano migrazioni di massa dalle aree di crisi prima suscitate ad arte per far arrivare in Occidente le popolazioni civili in fuga dai paesi devastati;
(7) poi si usano queste masse sradicate a forza dalle loro culture e dai paesi di provenienza sia per dividere la popolazione civile occidentale entro cui verranno integrate spesso come un cuneo dentro il tronco dell’albero (creando en passant nuove tensioni sociali, etniche e religiose nel paese ospite di turno), sia per creare un nuovo mercato della forza lavoro a basso costo e metterlo contro i lavoratori e i sindacati locali, sia per usare tali nuove masse umane disadattate e spaesate per reclutare al loro interno nuovi soggetti da usare per il terrorismo cd jihadista e poter così sostenere che l’Islam lo fomenta, sia infine per reclamare a gran voce provvedimenti restrittivi se non repressivi (divieti, controlli, restrizioni, obblighi, ecc.) nei confronti dei nuovi arrivati, in modo da separarli dalla popolazione ospite e metterli l’uno contro l’altro, sia in ultimo per poter usare quella parte dell’immigrazione che si dedicherà al crimine contro l’etnia di provenienza e addebitare in tal modo le responsabilità delle cose solo agli immigrati, che avendo scelto di delinquere portano tutto il peso delle loro colpe da soli, circostanza che a sua volta alimenterà nella popolazione civile ospite sentimenti di avversione se non di ostilità nei confronti dei nuovi arrivati.
Per ben comprendere la logica di tale perverso ma ahinoi estremamente efficace meccanismo – un processo d’insieme che rappresenta una forma estremamente moderna, ancora attualissima, del sempreverde e più classico divide et impera utilizzato in questo caso su scala mondiale –, bisogna far mente locale naturalmente al fatto che i Megamedia, col loro monopolio dell’informazione e della comunicazione, enfatizzano pressoché continuamente tutti gli elementi sopra descritti e quindi ne amplificano gli effetti a pioggia sull’intera comunità nazionale.
Questo complesso e variegato scenario, interno e internazionale, viene completamente occultato e fatto sparire dal PdNo (mentre il PdSí ovviamente fa la stessa cosa diciamo per compito istituzionale). Soprattutto l’emergere di entrambi i terrorismi – del terrorismo di Stato e del terrorismo occidentale esercitato su scala internazionale – dal seno stesso delle istituzioni democratiche (Federazione americana o Repubblica italiana, nella fattispecie, ma la cosa vale per l’intero Occidente) è un evento che viene totalmente ignorato dai soggetti politici che hanno preso la direzione del PdNo. La ragione prima per cui debbono farlo è molto semplice.
Il fatto è che tutti questi personaggi – dai redattori del “Fatto quotidiano” ai cd Costituzionalisti – giusto per citare la frazione che tira la volata ai 5Stelle e che rappresenta la parte più attiva dello schieramento – rappresentano di fatto agenti politici degli Stati Uniti sotto mentite spoglie interni alla società civile, come nella più classica delle tradizioni che nel nostro paese ha preso piede perlomeno sin dal 1945. Per un’intera serie di ragioni che dovrebbero essere evidenti stante quanto prima documentato, ma che in ogni caso qui riassumiamo per comodità del lettore:
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ignorano scientemente e cancellano una parte importante della storia d’Italia e della formazione della Repubblica,
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del pari ignorano scientemente e liquidano anche l’esistenza documentata del terrorismo di Stato,
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sposano le spiegazioni ufficiali, vale a dire prefabbricate, degli avvenimenti e in particolare del caso Moro per il nostro paese,
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occultano l’esistenza di un terrorismo occidentale esercitato su scala internazionale,
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anche a livello internazionale sposano le spiegazioni interessate dell’esecutivo Usa in merito all’effettiva natura dell’11 settembre 2001,
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ingiuriano e discreditano, sulla scia di fonti governative statunitensi che forniscono loro gli argomenti atti all’uopo, qualunque spiegazione alternativa e documentata degli avvenimenti dell’11 settembre 2001, nel mentre, si noti la cosa, niente sanno e niente interessa loro dell’esistenza di prove forensi che contraddicono la spiegazione ufficiale.
Come si è già fatto notare, neanche se avessero voluto avrebbero del resto potuto adottare un atteggiamento diverso, in quanto tutte le loro attitudini sovrastanti gli erano necessarie per poter fabbricare la loro apologia a tutto tondo e senza distinguo di sorta della Costituzione. Comunque, gli elementi sopra censiti sono più che sufficienti per mostrare al colto e all’inclita come da sotto l’apparente abito da monaco del PdNo spunti sempre in tutte quelle occasioni la coda dell’agente a contratto dei dominanti Usa, i veri dominus come sempre, perlomeno dal 1943 sul suolo patrio, della vita politica italiana e di tutti i soggetti finora chiamati in causa.
D’altro canto, una cartina di tornasole della loro vera identità ci è data, oltre che da tutto quanto precede, anche dal fatto che le loro mentite spoglie sono tanto più credibili e verosimili quanto più tali agenti si presentano come integerrimi e inflessibili difensori della sovranità nazionale e avversi a ogni ingerenza estera nella politica interna italiana, un po’ sulla scia della natura prefabbricata delle BR di ormai novecentesca memoria, un modello insuperato di modus operandi della intelligence community Usa (come è stato documentato da Aldrovandi)! D’altro canto, coloro che lo sono a loro insaputa sono ancora peggio, giacché nemmeno sono pagati per fare quello che fanno e lo fanno in modo automatico, convinti che sia bene farlo! Sarà difficile per i dominanti trovare soggetti migliori di questi.
Del resto, anche le biografie personali di alcuni esponenti di punta del PdNo sono estremamente significative e alla luce dei dati prima documentati ci dicono molto più di quanto potrebbe sembrare a prima vista. Si prenda ad es. il caso di Furio Colombo, autorevole opinionista del “Fatto quotidiano”, l’organo di stampa (ma non solo un giornale) che più si è speso e si spende politicamente all’interno dello schieramento contro Renzi.
Colombo non è infatti un soggetto qualunque, nemmeno giornalistico a ben considerare le cose. Durante gli anni ‘70 è stato infatti corrispondente dagli Stati Uniti per La Stampa e Repubblica, i due quotidiani delle famiglie Agnelli e De Benedetti, esponenti di punta in Confindustria del “partito americano” in Italia nonché membri del gruppo Bilderberg, della Trilateral di Rockefeller e intimi degli ambienti atlantici occidentali sin dalla fondazione dell’Alleanza nel 1949. In quel periodo ha insegnato giornalismo alla Columbia University di New York ed è stato soprattutto per anni presidente della FIAT USA, mentre oggi – forse perché ha militato per anni nel PDS-DS e persino nel PD, dirigendo financo l’Unità – è addirittura presidente nazionale di “Sinistra per Israele” (un paese quest’ultimo che, è bene ricordarlo, rappresenta di fatto il 51º Stato della Federazione americana, una potenza nucleare piantata nel cuore del Medioriente).
Si tratta come si vede di un soggetto con un passato e una sua storia personale nel cuore dell’establishment occidentale e in particolare statunitense. È quindi del tutto logico che sia un paladino della spiegazione ufficiale dell’11 settembre (si veda ad es., tra le tante, la sua intervista del 9 settembre 2016, consultabile in rete), un venditore quindi di fumo di prima grandezza e un depistatore di professione, seguito in questo naturalmente da Marco Travaglio, Massimo Fini e in genere da tutto lo staff del “Fatto quotidiano”, nonché – tra molti altri naturalmente – da Paolo Becchi nel suo Referendum costituzionale. Sì o No (più recente, ma di sicuro non ultimo, esempio di tali tipi sociali). Vero è che tutti questi personaggi lo sono sulla scia della carta stampata occidentale tutta, della fu sinistra italiana del tempo, dei marxisti di ogni risma di allora, del Manifesto della Rossanda, persino di Franco Piperno, il professore di fisica “di IIª fascia” originariamente sodale di Valerio Morucci e contiguo alle BR (la riuscita creatura politica costruita in laboratorio dalla Cia in Italia).
Non sono quindi affatto una novità, bensì solo i portavoce odierni di uno script redatto a suo tempo negli Stati Uniti e seguito e recitato sulle pubbliche piazze mediatiche del nostro paese da tutti quanti fedelmente ancor oggi. Stando così le cose, in un certo senso gli avvenimenti dell’11 settembre 2001 sono ancora attualmente un’ottima cartina di tornasole per capire o scoprire chi al giorno d’oggi, come ieri del resto, è un agente – a contratto e quindi retribuito oppure a sua totale insaputa – della community intelligence Usa dentro il mondo politico italiano e dell’informazione patria. È sufficiente chiedere al soggetto eventualmente intervistato cosa ne pensa dei fatti di quel giorno. La risposta sarà la nostra prova del nove.
Se quello che si è accertato sopra è quanto per la fazione mediatica del PdNo, ancora più significativi sono i cd costituzionalisti, in quanto dovrebbero essere la fonte prima di quell’apologia della Costituzione che è il fiore all’occhiello (o lo specchietto per le allodole?) dello schieramento avverso a Renzi. Un caso esemplare è qui costituito dal giureconsulto Gustavo Zagrebelsky, una delle figure istituzionali di maggior spicco del PdNo.
Ex presidente della Consulta, docente di Diritto costituzionale a Torino, collaboratore sia di Repubblica che della Stampa, grande amico di Eugenio Scalfari come ci informano i giornali (vedi a questo proposito Antonio Esposito, Scalfari, una strana idea di democrazia, nel “Fatto quotidiano” dell’8 ottobre 2016), presidente onorario dell’associazione Libertà e Giustizia, estremamente attivo nel fronte del no a Renzi, Zagrebelsky ha apparentemente tutti i titoli per specchiare nella sua persona le ragioni del PdNo. Possiamo allora considerarlo una sorta di sintesi vivente della logica sottostante allo schieramento che si oppone allo statista di Rignano.
Ora, prima di entrare nel merito è tuttavia indispensabile tenere a mente come un prezioso segnavia memorabile il fatto che tutti questi costituzionalisti (e stendiamo pure un velo pietoso, per amor di patria, sui cd costituzionalisti del PdSí) sia non hanno mai speso una parola né hanno mai preso in considerazione il retroterra storico italiano di cui si è detto sopra, retroterra estremamente attivo dietro, sotto e all’interno persino della Carta come si è visto, sia hanno bellamente ignorato l’esistenza dei due terrorismi di Stato di cui si è detto. Ancora meno si sono mai occupati del caso Moro. Il motivo è molto semplice. Se l’avessero fatto sarebbe venuta meno persino la ragion d’essere della loro professione, né oggi avrebbero potuto ergersi a paladini della Costituzione. Per poterlo fare è infatti necessario considerare inesistenti i fatti sopra menzionati (poco importa naturalmente che così facendo si nasconda al pubblico la verità in merito all’effettivo stato delle cose).
Visto che presumibilmente risiedevano in Italia, sarebbe però interessante sapere dove fossero tutti questi insigni dottori della legge quando il potere politico dell’epoca violava a suo arbitrio la famosa Carta. Si trovavano forse dall’alto della loro cattedra a pontificare sullo Stato di diritto, insieme al loro sinistro decano Biscaretti di Ruffia, come vecchi aristotelici medievali mentre in basso, nel mondo reale della politica e delle piazze d’Italia, gli altri facevano a pezzi, con noi in mezzo al tritatutto, il loro amato patto costituzionale? Difficile saperlo. Più facile è prendere in esame le loro attuali opinioni e scrutare i loro passi politici più recenti.
Per poterlo fare nella maniera migliore possibile, si deve ricordare un antefatto. L’aggressione militare alla Libia del marzo 2011, a cui l’Italia in violazione del dettato costituzionale ha partecipato con le sue FFAA, è stata patrocinata dall’agente Cia in alti uffici prima infiltrato nel vecchio Pci e poi presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano in persona. Zagrebelsky in un suo articolo su Repubblica del 23 agosto 2012 si è lasciato andare alla seguente esternazione:
«Ho condiviso e condivido molte delle cose dette e fatte dal Capo dello Stato, come egli sa per averne ricevuto testimonianza con calde parole ch’egli certo ricorderà».
In pratica, il presidente emerito della Corte costituzionale, nonché attuale membro eminente del PdNo, il fronte che fa l’apologia della Costituzione, ci sta dicendo che consente pubblicamente con le decisioni pregresse di Napolitano e quindi, se la logica ha ancora un senso in questo sventurato paese, che egli è in sintonia con la violazione della nostra Carta da parte del Quirinale! Se questa è una prima vetta surreale del paesaggio patrio, se ne raggiunge un’altra ancora più rarefatta con l’intervista rilasciata da Antonio Ingroia, sempre a Repubblica, in pratica un’agenzia di stampa Usa (sarà per questo che tutti corrono a scriverci?), l’11 settembre 2011. Qui l’ex pm della Procura di Palermo, sulla scia del suo illustre precursore, afferma quanto segue:
«ho il massimo rispetto nei confronti della prima carica dello Stato come istituzione e nei confronti di Napolitano per quello che rappresenta e ha rappresentato in questi anni come punto di tenuta istituzionale contro certi assalti alla Costituzione e allo Stato di diritto». |
Semplicemente kafkiano. Lo si potrebbe però anche pensare, cambiando prospettiva, come un’esternazione alla Ionesco. Scelga il lettore. Non ha che l’imbarazzo delle scelta. D’altro canto, appena entrati in questo teatro dell’assurdo, ecco che apparentemente ne usciamo di nuovo per rientrarvi tuttavia subito dal retro non appena mettiamo un piede nella cronaca odierna. Domenica 13 novembre us infatti, al Teatro Vittoria di Roma, ad un convegno organizzato dalla rivista Micromega e da Curzio Maltese, per spiegare le ragioni del no questa volta Zagrebelsky si è schierato addirittura contro Napolitano, il suo precedente illustre interlocutore, verso il quale avrebbe addirittura brandito «la mazza ferrata».
Gustavo Zagrebelsky
In tale assise, definita dallo stesso “Fatto quotidiano” come Una platea rossa per il No affollata prevalentemente di persone piuttosto in là con gli anni ovvero «di età media piuttosto alta», però «tutti alternativi al renzismo» (Rodotà, Carlassare, Flores D’Arcais, ecc.: il fior fiore, a quanto ci vien detto, dei novelli giacobini italiani paladini della Costutuzione), Zagrebelsky avrebbe questa volta tuonato contro quella che viene definita «una restaurazione», nel modo seguente:
«Questa riforma è stata promossa dal presidente della Repubblica [ex presidente per la verità] andando al di fuori dei suoi compiti», dimenticando il fatto che «la scienza [sic] costituzionale non si fa convocare» da chicchessia, tanto meno da un capo dello Stato intenzionato a mettere mano a stravolgimenti della Carta
(Zagrebelsky si riferisce qui ai presunti esperti convocati da Napolitano al Quirinale nell’aprile del 2013 per discutere di questioni istituzionali, compresa la riforma della legge elettorale).
Le spiegazioni di questo inatteso dissenso tra soggetti che fino all’altro ieri, e in merito a questioni dirimenti, andavano d’amore e d’accordo possono essere diverse. Potrebbe essere che Zagrebelsky abbia mutato opinione su Napolitano. Improbabile. Potrebbe anche essere però che il nuovo punto di vista del giureconsulto piemontese sia semplicemente contraddittorio rispetto alle sue convinzioni pregresse. Poco verosimile. Infine, potrebbe essere che Zagrebelsky abbia indossato queste sue nuove vesti perché questo era l’unico modo di poter fare l’apologia della Costituzione dopo aver in precedenza convenuto con l’ex presidente sulla sua violazione. Molto probabile. Che poi en passant si occultasse quest’ultimo fatto deve essere sembrato un dettaglio trascurabile.
D’altro canto, tale interpretazione viene confortata dal fatto che conosciamo la realtà socio-politica che fa da sfondo storico a tutte le ripetute omissioni dei costituzionalisti. Questi ultimi, in fin dei conti, hanno sempre giocato con la Costituzione come il gatto col topo, per dirla con Valéry, portandola sugli altari ogni volta che ciò serviva per dati fini politici, chiudendo tutti e due gli occhi di fronte alle sue ripetute violazioni nel corso del Novecento e oltre. Se questi soggetti sono il nocciolo giurisprudenziale del PdNo, ci si può facilmente immaginare di quale pasta siano fatti i suoi ingredienti più politici e mediatici.
Nondimeno, per ogni analisi minimamente critica dell’Italia di oggi Zagrebelsky rappresenta comunque un caso esemplare, nella misura almeno in cui ci rivela l’effettivo stato delle cose dietro la facciata di cartone del PdNo, il lampo che illumina la lunga notte del referendum! D’altro canto, giusto per completare il quadro dell’impostura che ci viene somministrata, bisogna ricordare anche il fatto che tutta la polemica in merito alla riduzione di democrazia e di sovranità popolare che verrebbe mandata in porto con la riforma Renzi è solo un paravento dietro cui si nasconde ben altro, giacché chi decide veramente sopra la testa di italiani ed europei è in realtà il capitale finanziario Usa, non a caso mai chiamato in causa dal PdNo.
La messa in discussione della sovranità popolare è un argomento falso e fuorviante non perché Renzi effettivamente non sia intenzionato a ridimensionarla ulteriormente su procura estera, ma perché essa effettivamente non è mai veramente esistita nel nostro paese a causa di tutte le ragioni storiche prima additate. Mancando la sovranità monetaria, la sovranità politica e l’indipendenza nazionale perlomeno sin dal 1945, si potrà mai davvero dire che l’Italia è stata o è una Repubblica sovrana? Quando mai le reali decisioni nazionali hanno preso forma all’interno delle neonate istituzioni democratiche, messe in discussione sin dall’inizio dallo stesso personale politico che avrebbe dovuto salvaguardarle e che aveva giurato di esserne il nume tutelare?
3. Full spectrum dominance: il capitale finanziario Usa
Se hanno occultato una serie di dati di fatto nazionali, mentendo così agli italiani e propinando loro per la via una solenne impostura, tutti gli esponenti del PdNo, ora giureconsulti ora soggetti più politici e a lavoro nei Megamedia, i potenti odierni apparati della propaganda di sistema, hanno fatto sparire dalla scena anche il fattore, internazionale questa volta, responsabile in prima persona sia della nascita dell’attuale governo, sia delle odierne controversie politiche, sia soprattutto dell’infelice stato di colonia geopolitica del nostro paese. Questo modernissimo Leviatano planetario è il già menzionato capitale finanziario (CF) americano. Il fatto che nessuno lo nomini è persino logico, visto che è il vero padrone di tutti quanti, di entrambi gli schieramenti.
Questi ultimi non possono in effetti chiamarlo in causa né tanto meno additarlo come la fonte prossima delle nostre sventure, perché altrimenti sia dovrebbero confessare di agire per procura, sia non sarebbe loro possibile mandare ad effetto le loro multiple imposture a nostro danno e competere per la direzione, in conto terzi beninteso, del nostro paese. Ma quali sono le potentissime leve economico-finanziarie e geopolitiche di cui il CF statunitense si serve per mantenere l’Europa e l’Italia in una posizione di sudditanza e financo di colonie interne dello spazio economico mondiale dominato dagli Stati Uniti? Dal punto di vista meramente numerico, sono sostanzialmente dieci.
Per comodità del lettore le compendiamo in uno schema tratto da un volume appena pubblicato da Faremondo:
I dieci pilsatri del CF e dell’imperialismo americano
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Simbiosi tra grandi imprese e megabanche
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Stato
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istituzioni ufficiali
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governo invisibile
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Keynesian militarism o militarismo keynesiano
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Il dollaro come world reserve currency o riserva valutaria mondiale
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Pentagono o war machine mondiale
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Sistema mondiale delle basi
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Arcana imperii o Intelligence community
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Megamedia di dimensioni planetarie
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Fractional reserve banking o riserva bancaria frazionaria
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La Federal Reserve o Banca centrale statunitense
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Monetizzazione
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Offerta mondiale di moneta
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Moltiplicazione del credito
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Macchina del debito
È ovviamente impossibile in questo contesto entrare nel dettaglio di ogni singola voce di tale ciclopico sistema integrato di dominio. Per poterlo fare con più agio conviene naturalmente leggere il volume e prenderne in esame la copiosa documentazione, nonché le dimostrazioni che vengono presentate al lettore. Qui si può solo dire che è tale colossale rullo compressore ad aver creato in modo discontinuo nel corso del Novecento – l’epoca in cui tutte quelle strutture si sono formate, sono entrate in simbiosi, hanno scatenato due guerre mondiali, generato la Guerra Fredda en passant e sviluppato l’energia nucleare per fini bellici, nonché la dollarirzzazione dell’intera economia mondiale, per assumere poi la loro configurazione attuale – l’odierna cartografia geopolitica ed economico-finanziaria del mondo in cui viviamo.
Oltre a tacere e ad occultare attivamente tutti gli scenari precedenti, il PdNo, poco diverso in questo ancora una volta dal suo gemello monozigote PdSí, cancella dalla scena visibile alla pubblica opinione anche il vero motore estero e la vera natura del potere americano, i fondamenti economico-finanziari della sudditanza dell’Europa, della crisi economica odierna, del ruolo coloniale dell’Italia, ecc., e tanto meglio riescono a farlo quanto più si presentano sul davanti della scena come critici severi degli Usa e dei poteri forti stranieri in nome della sovranità italiana, della democrazia, dello Stato di diritto puro, delle libertà democratiche, e via dicendo. In una parola, quanto meglio dissimulano sotto mentite spoglie la loro vera natura (spoglie che come sappiamo rendono quasi impossibile o estremamente difficile distinguere l’originale dalla falsa copia, in questo caso gli agenti a contratto da soggetti che non lo sono).
Tra tutti i dati di fatto occultati, senza alcun dubbio l’aver scientemente taciuto alla pubblica opinione nazionale ed europea la natura planetaria del CF statunitense (e la conoscono perché sono al suo servizio, anche se l’hanno sostituita con convenienti proxies), nonché le dirimenti funzioni mondiali delle sue numerose agenzie internazionali (persino la cosiddetta Banca mondiale, il WTO e il Fondo Monetario Internazionale sono sue creature), rappresenta l’impostura intenzionale maggiore a nostro solo danno, se è vero come è vero che è quell’enorme macchina d’insieme, con parti interne rodate da un esercizio lungo ormai un secolo, a generare il nostro e l’altrui stato di vassallaggio permanente (l’Italia tra l’altro è crivellata di servitù militari ed è persino una potenza nucleare non dichiarata, sotto comando ovviamente statunitense).
D’altro canto, ci si rende ancora meglio conto degli incessanti inganni a nostro danno, caso mai ci fosse bisogno di ulteriori prove, non appena si fa mente locale al modo in cui di nuovo Furio Colombo dalle pagine del “Fatto quotidiano” del 14 novembre scorso, l’organo di stampa del PdNo, spiega ai suoi ignari lettori chi detta oggi le regole del mondo: tutti lo fanno – da Putin a Dutarte nelle Filippine, dal primo ministro australiano Malcolm Turnbull al presidente indiano Modi, dal presidente Maduro giù giù per li rami del pianeta fino ai presidenti del consiglio di Polonia e Ungheria, Austria e Gran Bretagna – meno che l’unica potenza che realmente lo fa, una trave nell’occhio che Colombo non solo non sente ma neanche vede (e non perché non la metta a fuoco). Avevano torto i populisti americani (il “partito del popolo”, nel suo originario significato) a definire già allora i giornalisti professional liars?
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La vera posta in gioco del referendum: chi perde e chi vince
2 Risposte a Il prossimo referendum costituzionale. Un Manifesto contro