Una lettura alternativa dei fatti di Parigi, della vera natura dell’Isis e delle forze che agiscono dietro le quinte sia per loro scopi geopolitici globali, sia per trasformare le società europee e il loro quadro politico-istituzionale. Il terrorismo fabbricato dallo stesso Occidente come arma della sua politica estera e della sua politica interna, come arma insieme mediatica e militare delle sue strategie economiche internazionali.
La natura occidentale del terrorismo
La realtà dietro gli schermi di fumo dei media
I giornalisti! Questi leccaculo che mi fanno vomitare!
G. Gaber
People are susceptible to propaganda when already in high state of tension.
Edward Hunter, agente CIA
Nella politica dei dominanti,
il reale è quello che non si vede.
J. Martì
1. Se facciamo astrazione per un momento dalla canea mediatica che subito ha accompagnato, in diretta persino, i più recenti avvenimenti di Parigi, è possibile delineare delle caratteristiche comuni tra quanto è successo sabato nella capitale francese e tutti gli altri eventi di consimile natura. Gli stessi fatti parigini dello scorso gennaio rientrano in questo quadro.
D’altro canto, la pronta mobilitazione della macchina della propaganda occidentale, col suo monopolio dell’informazione e della comunicazione, si è rivelata per l’ennesima volta una parte integrante indispensabile della nuova operazione ai danni della popolazione civile e della opinione pubblica internazionale. Vomitando su tutti noi il loro letame mediatico, i Network dell’Occidente si sono comportati come un rullo compressore che ha diffuso un’unica versione di comodo dei fatti, additando nell’Islam radicale il responsabile degli accadimenti. E lo hanno fatto con un preciso scopo in mente e con l’intenzione di raggiungere una pluralità di fini determinati. Fra poco li vedremo.
D’altra parte, se una volta il personale dei servizi che a frotte lavorava in queste agenzie (TV, giornali, carta stampata in genere, Atenei, ecc.) si meritava l’appellativo di “prostituta intellettuale” (testuale John Swinton), oggi il suo status si è addirittura inasprito e questi soggetti sono ormai diventati dei veri e propri agenti in doppiopetto propensi a delinquere e facilitatori del terrorismo di Stato. Non solo. La macchina della propaganda che servono e di cui sono esponenti è divenuta ormai parte attiva in causa nella fabbricazione delle guerre e svolge un ruolo di primo piano nella loro promozione. In una ipotetica società governata dalla giustizia, i suoi funzionari dovrebbero essere trascinati in tribunale per rendere conto delle loro attività. La realtà, diceva Borges, è sempre anacronistica, e possiamo dunque di sicuro aspettarci un’escalation di simili eventi anche in altre parti del Vecchio Continente, del resto già preannunciati e debitamente amplificati poi dai cosiddetti social media e dai Megamedia tradizionali. D’altro canto, è anche logico che conoscano in anticipo le cose, visto che i perpetratori si trovano all’interno dei loro ranghi e loro stessi ne sono il braccio propagandistico.
2. Nondimeno, se prescindiamo come detto sopra da tale problema è possibile portare un po’ di luce nei modelli seguiti dalle classi dominanti occidentali nell’organizzare il terrorismo internazionale. Teniamo infatti presente che se Al Qaeda una volta rappresentava un asset (una risorsa) degli Stati Uniti, come ebbe a dire a suo tempo un funzionario dell’ambasciata americana in Arabia Saudita, oggi il sedicente Isis ne è a tutti gli effetti l’erede. In quanto tale, logica vuole che anch’esso sia una creatura statunitense. Per avere una prima percezione di questo fatto, è sufficiente dare un’occhiata all’attuale cartografia mediorientale:
Una cartina dell’Isis
In pratica, tale fantomatico Califfato tanto ha il grosso della sua apparente base territoriale in Irak, quanto nasce dall’interno di un territorio completamente controllato dalla forza militare Usa e dalle decine di basi militari che questi ultimi hanno in tutto il Medioriente, compreso l’Irak naturalmente. Basti pensare che la sola ambasciata americana di Baghdad ha le stesse dimensioni del Mall di Washington e per questa sua mole rappresenta il più grande avamposto diplomatico statunitense del mondo (e di basi dislocate in tutto il pianeta gli Usa ne hanno più di mille). Ecco le loro postazioni irachene (per limitarci solo a questo infelice paese, aggredito e occupato tra l’altro anche dall’Italia da oltre un decennio ormai):
Basi militari Usa in Iraq
Di fatto, se si sovrapponessero le due cartine vedremmo emergere l’Isis dai territori sotto incontrastato dominio militare Usa! Si può credere davvero che il cosiddetto Califfato sia un’entità autonoma? Fuori delle e oltre le domande retoriche, l’Isis è letteralmente un’altra letale fabbricazione americana che ha avuto il compito di soppiantare la consunta Al Qaeda e supportare con inusitata ma non gratuita ferocia i disegni geopolitici globali degli Stati Uniti. In altre parole, se il Pentagono fosse una specie vivente, la sua prole si chiamerebbe Isis. Il ricalco geografico in questione è l’impronta genetica di tale paternità (d’altro canto, esponenti di punta dell’establishment americano lo dichiarano apertamente in pubblico, come fa ad es. Hillary Clinton: «L’Isis l’abbiamo creato noi»).
Oltretutto, si tenga conto del fatto che le forze armate americane hanno aggredito e invaso l’Iraq, violando tra l’altro l’ordinamento giuridico internazionale e la stessa Costituzione Usa, sin dal 2004 e sono quindi 11 lunghi anni che tengono sotto ferreo controllo l’intera area (trasformata tra l’altro in un mattatoio per la popolazione civile irachena: questo fatto non viene mai ricordato da un Occidente che si indigna a comando) con un’armata internazionale, comprensiva di eserciti mercenari, i cosiddetti contractors, dotata di un arsenale bellico e di intelligence colossale. Eccone uno, con annesso logo della società a cui apparteneva:
Tra poco vedremo a che cosa è funzionale l’escalation di barbarie perpetrata dai miliziani e diffusa poi ad arte in tutto il globo dai Megamedia occidentali (andati tutti a scuola da Edward Hunter). Per il momento è sufficiente constatare come il cosiddetto Isis sia un altro braccio politico-militare degli Usa, la nuova creatura concepita dai laboratori geostrategici americani (vere e proprie fabbriche di OGM bellici ad uso e consumo dei loro criminali disegni mondiali) e mandata poi in giro per il mondo a seminare le sue stragi.
Da queste constatazioni ne segue naturalmente che tutte le vittime civili dei fatti di sangue che finora hanno funestato l’Europa, e che c’è purtroppo da scommetterci continueranno domani, sono vittime di cui l’Occidente e i diversi governi dei diversi paesi (Hollande oggi: “Cambio la costituzione”, “Siamo in guerra”, “Stato d’eccezione”, tuona il bel tomo socialista novello Napoleone III, gli altri suoi consimili ieri) portano tutta intera la responsabilità, civili inermi sacrificati sull’altare dei suoi piani geopolitici complessivi con splendido nichilismo.
Se poi si fa mente locale al fatto che tutti i maggiori avvenimenti internazionali posteriori al 2000, la trasformazione della precedente cartografia geopolitica del pianeta in altri termini, sono stati effetti di lungo periodo dei fatti dell’11 settembre 2001 – un crimine perpetrato dallo stesso esecutivo Usa del tempo e usato poi come trampolino di lancio per la loro proiezione di potenza su scala mondiale –, si dovrebbe avere un’idea più precisa dei fenomeni con cui si è oggi confrontati. Per poterli spiegare in modo originale e alternativo alla storia ufficiale, c’è bisogno di nuove chiavi di lettura e di nuove interpretazioni delle cose, senza le quali si rimane nel migliore dei casi dipendenti dai dominanti e non sarà mai possibile divenire individui sovrani. L’individuazione dei pattern e la comprensione dei loro significati più riposti è un primo passo in questa direzione.
3. Quali sono dunque le caratteristiche comuni degli atti di aggressione nei confronti della popolazione civile da parte dei commandos dell’Isis? Prescindiamo qui sia da chi li finanzia, sia da chi questi ultimi comprano le loro armi, sia da chi, senza che loro lo sappiano magari, organizza tutti i loro servizi logistici (sedi occulte in cui soggiornare prima dell’azione, documenti falsi, protezione durante i sopralluoghi, mezzi per lo spostamento, catering, ecc.). Mettiamo per un momento da parte tutti questi dettagli, senza tuttavia dimenticarli perché sono quelli che rendono efficace il terrorismo, né dimenticare che una simile rete di supporto non avrebbe mai potuto sfuggire ai servizi segreti occidentali, il più grande sistema di intelligence della galassia.
Concentriamoci dunque sui numerosi elementi che disegnano la logica sottostante i crimini commessi dal terrorismo. Se tale ritratto fosse tutto a detrimento dell’Islam, forse qualche domanda sull’origine e l’identità dei perpetratori sarebbe meglio porsela e il farlo ci aiuterebbe a capire meglio l’attuale stato delle cose. Vediamo dunque la figura che emerge da quello che il terrorismo dell’Occidente fa:
- la prima regola che viene seguita è quella della false flag (azione sotto falsa bandiera), in modo che l’attentato sia attribuibile a mani diverse da quelle dei veri perpetratori (che così rimangono nell’ombra);
- facendo compiere l’attentato da uomini del Califfato (e sono gli stessi dominanti – i loro Megamedia, i loro governi, ecc. – che ci assicurano che è così!), si certifica inoltre la stessa esistenza dell’Isis e lo si rende credibile come minaccia armata contro l’intero Occidente e addirittura il mondo nel suo insieme, occultando per la seconda volta la sua natura più autentica;
- si fa così credere all’opinione pubblica occidentale che esista un vero terrorismo islamico e che questo sia estremamente pericoloso a causa della sua aggressività, dei suoi mezzi militari, del suo fanatismo religioso, del suo estremismo politico, e via dicendo;
- come ulteriore effetto di quanto precede, si demonizza l’Islam nel suo complesso e si creano così altri presupposti sia per dividere il mondo arabo in “buoni” e “cattivi” (Stati canaglia e Stati invece condiscendenti con i desiderata occidentali), sia per ottenere effetti aggiuntivi all’interno delle società metropolitane: oltretutto, creando ad arte il nemico da combattere si crea anche un’altra cortina fumogena atta ad occultare nuovamente i veri perpetratori, che come ogni perpetratore che si rispetti agiscono dietro le quinte, resi invisibili dai loro stessi paraventi;
- date queste premesse, diventa poi facile giustificare, magari con l’avallo dell’Onu, un intervento militare aperto dell’Occidente (“la coalizione dei volenterosi”, presunte “responsabilità di proteggere” e altri consimili dissimulazioni) nelle aree geopolitiche in cui l’Isis è presente in forze, circostanza che adesso permette di oscurare il fatto che mercenari e truppe regolari occidentali – in ennesima violazione del diritto internazionale, divenuto ormai carta straccia per la politica di potenza dell’Occidente – da anni ormai devastano la Siria, un altro paese sovrano in poco tempo caduto sotto la politica del divide & destroy di Washington. Tra l’altro, l’occupazione militare dell’intero Medioriente e dei suoi ricchi giacimenti petroliferi, l’accerchiamento definitivo dell’Iran, la tentata espulsione della Russia dall’area, la pressione geopolitica contro la Cina e l’India, giustificano ampiamente per la mente nichilistica dell’Occidente la creazione per procura del terrorismo e la strage di civili inermi sul suo stesso suolo: la popolazione civile, sia estera sia domestica, è come l’equipaggio dell’astronave Nostromo, spendibile per i superiori interessi della Compagnia (leggi il capitale finanziario occidentale).
4. Se questo set di risultati viene ottenuto sul piano diciamo prevalentemente della politica estera, effetti di non minore impatto politico ed emotivo vengono simultaneamente conseguiti anche all’interno delle società metropolitane. La fabbricazione del terrorismo, il terrorismo di Stato, consente infatti all’Occidente e al suo apice Usa di mandare ad effetto un’ulteriore serie di misure funzionali ai suoi scopi:
- si atterrisce infatti la popolazione interna e la si mette in uno stato di permanente alta tensione (Edward Hunter docet), effetto ottenuto anche con le efferate esecuzioni pubbliche dei prigionieri da parte dei miliziani dell’Isis, prontamente amplificate in maniera esponenziale dai Megamedia occidentali e messe in scena unicamente con questo scopo: la violenza nuda e cruda applicata su persone inermi – presentata in modo insistito e ossessivo oppure “censurata” ad arte per creare ancora più terrore – serve sempre dei fini e anche in questo caso ha seguito i suoi maestri occidentali nonché gli orrori del colonialismo europeo;
- si diffonde insicurezza e di conseguenza si invoca più Stato;
- si giustifica la crescente ingerenza degli apparati di sicurezza nella sfera privata;
- si legittima la crescita del loro potere e del loro numero;
- si rende così la popolazione meglio permeabile alla propaganda;
- la si emargina vieppiù dalla vita politica attiva;
- si rendono inimiche, diceva Machiavelli, le minoranze immigrate;
- si frantuma la società civile e si rende un colabrodo il tessuto di solidarietà tra gli esseri umani e la loro convivenza civile: inutile dire che così facendo si innescano anche paralleli processi di ostilità manifesta che inaspriscono soltanto la situazione;
- in particolare si innesca in società la xenofobia e in questo caso atteggiamenti anti islamici senza distinzioni di sorta;
- proprio come in una sorta di laboratorio geopolitico interno, si attivano i movimenti politici di destra e neofascisti, da sempre creature della NATO e dei governi europei, una volta usati contro i partiti comunisti e il movimento operaio, poi messi in sonno relativo e prontamente scongelati alla bisogna, contro la minoranza araba e in genere le altre minoranze ed etnie, dando loro modo di promuovere aggressive campagne mediatiche e sociali contro questa parte della popolazione interna;
- questi fatti a loro volta non fanno altro che generare in società sia nuovi conflitti all’interno delle classi sociali popolari e del lavoro dipendente, a prescindere dalla fede e dalle etnie di appartenenza, sia come loro “effetto di ritorno” tendono ad autenticare la presunta natura islamica del terrorismo a cui magari contrapporre una parallela falsa identità cristiana, circostanza che come in un circolare girone infernale innesca la ripetizione del processo iniziale;
- oltretutto, si noti la cosa, la becera retorica anti-islam vomitata dalla macchina della propaganda occidentale sull’opinione pubblica internazionale, l’ennesimo spurgo di liquami mediatici a nostro danno, è stata resa possibile dall’esistenza di una strage pianificata e realizzata dall’Occidente tramite i suoi sicari: Il terrorismo di Stato, in altre parole, tanto pianifica e manda ad effetto le stragi di cui ha bisogno per le sue strategie geopolitiche globali, quanto utilizza poi tali stragi per rovesciare sulle sue vittime il pattume mediatico (sversato su tutti noi da quella cloaca massima chiamata sistema dell’informazione) funzionale ai suoi disegni e che gli serve per il raggiungimento dei suoi scopi;
- in questo contesto, il potere politico del momento usa anche la strage per capovolgere nuovamente il mondo sia dichiarando l’impresa un attentato alla sicurezza dello Stato, sia fomentando l’orgoglio nazionale e all’occorrenza il nazionalismo, ricompattando così la nazione, a suo esclusivo vantaggio e a propria legittimazione, dietro un avvenimento criminale che porta la sua impronta;
- con questo avvenimento siamo così confrontati con una macchina politica che si sostenta da sola e da sola secerne dal suo proprio interno tutti gli ingredienti che le servono per prosperare sulla nostra pelle come un parassita che ci colonizza e ci infesta, come un ordigno infernale che si nutre delle proprie vittime e fa di queste ultime il suo bolo alimentare;
- al colmo del grottesco, ma l’Occidente non si lascia certo intimorire da tale rivoltante maschera, che è la sua maschera, i perpetratori si vestono anche a lutto per le vittime che hanno spedito al creatore, esibendo facce contrite, bandiere abbrunate e nastrini neri onde poter coronare anche con questa finzione a nostro ulteriore danno il successo dei loro disegni, facendo finta di partecipare al dolore collettivo per poter meglio dissimulare il fatto che sono loro gli artefici del crimine (poiché hanno il monopolio dei media, purtroppo la loro impostura va quasi sempre a segno).Sono anche capaci di sfruttare il dolore dei familiari delle vittime, resi consenzienti loro malgrado coi perpetratori, per amplificare ulteriormente tramite i grandi Network di loro proprietà gli effetti emotivi mediatici sulla popolazione civile della strage da loro consumata, utilizzando a questo scopo anche gli eventuali sopravvissuti, di solito etichettati come “eroi” ad ulteriore uso e consumo della propaganda, che si siano adoperati per mettere al sicuro gli scampati.L’osso dell’evento, infatti, deve essere spolpato fino all’ultimo brandello dalle insaziabili mascelle della propaganda (d’altro canto, avendo sostenuto delle spese per approntarlo vogliono ricavarne tutti gli utili possibili e immaginabili: anche nel crimine, ergo, prevale la logica del calcolo). Anche in questo caso, gli Stati Uniti hanno fatto scuola non appena George W. Bush nel settembre 2001, in barba alla Costituzione su cui aveva giurato, brandendo la bandiera americana si è presentato sulle rovine fumanti del WTC che il suo stesso esecutivo aveva ridotto in polvere, con tutte le persone ovviamente che si trovavano all’interno degli edifici.Quale migliore finzione di quella in cui il perpetratore si presenta come protettore delle sue vittime e custode della loro sicurezza?
5. Quali conclusioni è possibile trarre da queste constatazioni? Intanto, oltre allo spavento eventualmente patito per la scoperta dell’inaudito potere dei dominanti, ci mettono tra le mani un essenziale principio di precauzione. Conoscere oggi significa soprattutto dubitare di ogni spiegazione ufficiale degli avvenimenti. A quest’ultima è indispensabile contrapporre delle originali e alternative chiavi di lettura del mondo, circostanza che impegna ciascuno di noi in uno sforzo teso a capire la realtà al di là degli schermi di fumo della propaganda.
Per poterlo fare nel modo migliore, non ci resta altro da fare che mettere tutto in discussione e riconoscere apertamente che tutto quello che credevamo di sapere in merito al mondo non solo è falso, in quanto preordinato dai perpetratori, ma è un falso che si presenta con le vesti del vero e finisce per sembrare identico a quest’ultimo. Tale effetto è ottenuto grazie ai Megamedia che rendono possibile far coincidere quasi sempre le due facce della medaglia. In altre parole, è una (dis)simulazione, un potente strumento di mistificazione della realtà che tende a rendere impossibile ogni distinzione tra i due stati di cose.
Questa situazione è una novità assoluta rispetto ad altre fasi di sviluppo delle società contemporanee. D’altro canto, sapendo che esiste ed esplica le sue sottili funzioni manipolative, possiamo prenderne le misure e additarne la natura. D’altro canto, se certo questo primo passo ci è indispensabile per prendere le distanze dalle imposture della propaganda, non è tuttavia ancora sufficiente per demolirne, quanto meno in prospettiva, gli effetti sulla mente individuale, effetti che d’altra parte l’intero sistema dell’informazione – scuola, atenei, TV, carte stampata, accademia, ecc.: in altre, parole l’impero dei Megamedia – inocula di continuo, 28 ore al giorno, nel pensiero dei soggetti sin dalla più tenera età e per lunghi anni avvenire: in pratica, dalla culla alla tomba.
Per di più, bisogna anche tener conto del fatto che la strada verso una lettura indipendente del reale, la stessa eventuale nascita di un individuo sovrano, è disseminata di false piste, di falsi conclamati (tipo: intelligence allo sbando, come titolato da alcuni giornali), di continui depistaggi e mezze verità (tipo: “li armiamo noi”, tacendo naturalmente tutto il resto, “ci odiano”, è una risposta alla nostra politica filoisraeliana, Isis effetto collaterale del cinismo dell’Occidente, ecc.), di false bandiere, di opposizioni fittizie, di opposizioni persino gestite direttamente dai perpetratori – tutte trappole predisposte dalla macchina occidentale della propaganda e dai finanziamenti dei dominanti – che rendono accidentato e pieno d’insidie il percorso.
Bisogna poi mettere in conto anche la disputa con tutte le concezioni marxiste del passato, le sirene della cultura liberal-democratica pregressa, con le visioni del mondo tradizionali, l’ex economia politica, la moderna economics, e così via, tutti sistemi di pensiero che quando non ne sono incarnazioni accademiche non sanno nulla della logica del dominio e ne sposano, al contrario, persino senza saperlo, i disegni.
Anche per questo insieme solidale di ragioni è necessario far nascere una differente cultura (fatta di studio, di iniziative politiche, ecc.) che sappia prendere le distanze da tutto questo letame e imboccare decisamente una via originale di interpretazione del mondo, completamente distinta da tutto il pattume che ci circonda e che ci viene sversato persino dentro le nostre case. Dobbiamo associarsi in una nuova comunità di individui sovrani se vogliamo dare un senso e un futuro a quello che abbiamo compreso.
Forlì, 17 novembre 2015 F. Soldani
Piccolo kit bibliografico per nuocere gravemente alla soggezione in cui vorrebbero tenerci:
Il porto delle nebbie. 11 settembre 2001: perché gli ideologi “ di sinistra” e i marxisti di tutte le latitudini condividono la storia ufficiale, Faremondo, Bologna, 2008.
Orwell reloaded, in www.faremondo.org (2011)
Le lezioni del capitale, in www.faremondo.org (2011)
Il capitale finanziario al governo, in www.faremondo.org (2012)
Le strategie dell’inganno e le sue metamorfosi. La logica dell’inside job dietro il caso Charlie Hebdo, in www.faremondo.org (2015)
- Pauwels, The myth of the good war, Lorrimer, Toronto, 2012.
- Hudson, Superimperialism, Pluto Press, London, 2013.
Aurelio M. Aldrovandi, Friendly fire. Il sequestro Moro come false flag operation orchestrata dagli Usa, Faremondo, Bologna, 2014.
Annie Lacroix-Riz, Aux origins du carcan européen (1900-1960), Delga, Paris, 2015.
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