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Semplicemente rivoltante

Moro prigioniero

Qual è il vero significato della grottesca presentazione a Roma di un film su Enrico Berlinguer da parte degli ex comunisti che hanno seppellito il Pci? Che cosa si nasconda dietro la melassa di Veltroni e perché alla proiezione del suo film abbia presenziato tutto il ceto politico e financo la Confindustria, ci è spiegato da questo articolo. Leggere per credere.

 

Semplicemente rivoltante

 

Lei è un uomo medio?
Sì certo- risponde il giornalista.
Dunque lei è un mostro!
Orson Wells

  

È la cosa più orribile che abbia mai visto in vita mia.
Groucho Marx
(dopo aver assistito alla proiezione del docufilm di Veltroni)
 
 

1. Se il defunto capo dello FBI per mezzo secolo, Edgar Hoover, usava dire che era necessario impedire ai cittadini statunitensi di pensare per più di cinque minuti, i suoi emuli odierni nel nostro sfortunato paese ne hanno prontamente aggiornato lo slogan. Hanno infatti preferito una via forse più drastica ma risolutiva: si spenga il cervello degli italiani e non se ne parli più, somministrando loro una dose fatale e definitiva di imposture (dose mica omeopatica, no: quella loro inoculata farebbe infatti schiattare un cavallo). Nessun accanimento terapeutico è più indispensabile: si stacchi pure la spina, e tanto basti.

Se un volta si diceva infatti che le mort saisit le vif, oggi bisogna dire piuttosto il contrario. Sono i vivi che evocano i morti dal passato, ne fanno zombie virtuali e li mandano in giro per i cinema e le piazze e le strade d’Italia a seminare i loro afrori neuroletali. Con la sincera commozione, tra l’altro, di chi ha contribuito al loro trapasso e li ha poi interrati. Non han fatto così anche i leader democristiani in occasione dei funerali, in absentia, di Moro? Ecco qua una loro memorabile istantanea:

politici-presenti-al-funerale di Moro

13 maggio 1978, basilica di S. Giovanni in Laterano (da sinistra a destra in primo piano si riconoscono: Giovanni Leone, Amintore Fanfani, Giulio Andreotti, Emilio Colombo)

         Tutti gli ex comunisti del nostro passato ormai remoto, fortunatamente distante anni luce da noi, si sono infatti riuniti a Roma il 18 marzo scorso per celebrare, a posteriori, la figura di Enrico Berlinguer nell’Auditorium della capitale. Intorno a Walter Veltroni, l’autore del film, quello che ormai compra le case negli Stati Uniti perché la figlia vi possa studiare con tutti i confort del caso, si è inoltre raccolta, in un conviviale embrassons nous postmoderno, la destra, la sinistra, il centro, ex fascisti, i moderati, neo fascisti, ex rifondatori (de che?), l’imprenditoria italiana, gli immancabili Sindacati nella persona della Camusso, la carta stampata nella persona di Scalfari, il mondo dell’arte (sempre pronto, quest’ultimo, ad omaggiare il potere politico del momento e i MeMe: il film è stato prodotto da Sky, l’emittente di Murdoch).

La toccante cerimonia ha poi visto la presenza del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che si è detto commosso dalla proiezione (l’attuale presidente della Repubblica, ex comunista anch’egli, è del resto incline a commuoversi: si era già commosso ripetute volte per i caduti delle truppe italiane d’occupazione in Afganistan e in Iraq, ma non aveva avuto remore a definire l’aggressione militare alla Libia del marzo 2011 un’azione dovuta – nessun cordoglio naturalmente per le vittime, a milioni, dei conflitti scatenati dall’Occidente). Pierluigi Bersani, addirittura, stando alle cronache dell’evento almeno, ha persino pianto, sulla spalla del resto di D’Alema e dello stesso Veltroni che lo avevano fatto prima di lui in una proiezione privata organizzata appositamente tra i due compari, pardon sodali (si veda la Repubblica del 19 marzo scorso: Le lacrime di Max e Walter insieme).

2. Che cosa c’è di rivoltante in questa platea mediatica, poco dissimile da altre consimili platee già viste  e che ancora oggi si continuano a vedere sul quel grande teatro grottesco all’aperto che è divenuta l’Italia odierna? In effetti, una sua specificità c’è, anche se solo alcuni giorni dopo quella cerimonia tutto è già scivolato in secondo piano e verrà presto dimenticato, come è giusto che sia.

Il fatto è che nella storia del Pci, come ha documentato in un suo recente volume Aurelio M. Aldrovandi, studio che verrà ben presto pubblicato sul Centro studi Juan de Mairena, vi sono state diverse fasi di sviluppo, ciascuna scandita da una progressiva involuzione.

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La copertina del volume di Aldrovandi

In fin dei conti, la generazione dei Gramsci e dei Togliatti ha attraversato due guerre mondiali, ha preso parte, in prima persona, al Biennio rosso (1919-1920) italiano e all’occupazione delle grandi fabbriche del Nord, ha partecipato alla Rivoluzione d’Ottobre e ha assistito alla nascita dell’Unione Sovietica. Quella di Togliatti ha inoltre guidato la Resistenza e la guerra di liberazione e fatto nascere infine la Repubblica democratica del dopoguerra. Un’aura tragica, privata e pubblica insieme, circondava questi soggetti, conformemente all’esperienza storica da essi vissuta. Erano soggetti di statura internazionale, intellettuale e politica, e incarnavano un’epoca del Novecento.

Con la scomparsa di Togliatti nel 1964, non a caso definito “il migliore”, il Pci è passato ben presto nelle mani degli eredi minori di quella tradizione, dei nani a confronto di quei giganti, i quali del resto nel giro di poco tempo hanno consegnato la sua guida alle nuove generazioni postbelliche nel frattempo cresciute nel suo seno. Nel 1969 Berlinguer diventa vicesegretario di Longo e nel 1972 gli succede alla direzione del partito.

La cultura diciamo classica del gruppo dirigente comunista originario era nata irrimediabilmente limitata dalle sue stesse fonti. La sua interpretazione della società contemporanea, del capitale finanziario, del pensiero scientifico, della natura dei sistemi tecnologici e dei processi economico-sociali emergenti dall’interno del capitalismo postbellico, dei rapporti di classe, del potere dei dominanti, della lotta politica, erano quanto di più surreale si potesse immaginare, come ha comprovato Aldrovandi nel suo lavoro.

Solo che questa sua natura paradossale era completamente oscurata dall’esistenza di un gigante geopolitico planetario, l’Unione Sovietica e il blocco dei cd paesi socialisti, che sembrava al contrario confermarne la correttezza e sembrava garantirne l’avvenire. D’altronde, Togliatti e il suo staff dirigente s’inscrivevano perfettamente in questo quadro e parevano cementarne la cornice con la loro linea politica.

3. La situazione precipita rapidamente tuttavia con l’arrivo di Berlinguer, e dei nuovi funzionari che lo circondavano, alla segreteria del Pci. Completamente privi di qualunque originale chiave di lettura del capitale contemporaneo, imbevuti di una forma mentis convenzionale, in grado solo di ripetere come un disco rotto i luoghi comuni del passato, incapaci di rendersi conto della realtà nazionale e internazionale con cui erano messi a confronto, circondati di uno staff intellettuale mediocre, quasi solo accademico, inquinati dalla testa ai piedi da agenti Nato e Cia infiltrati nei piani alti del suo organigramma dall’Occidente sin da prima della fine della guerra, Berlinguer e il suo gruppo dirigente andarono subito incontro, consenzienti tra l’altro, alla loro débacle politica col caso Moro.

Senza capire niente dell’affare, e ignorando persino quello che Togliatti invece sapeva in merito alle trame occulte Usa contro il Pci, Berlinguer e tutto il Pci del tempo contribuirono attivamente e in prima persona, assecondando i piani della Cia e facendosi paladini di quello stesso Stato repubblicano che aveva organizzato il sequestro[1], al loro annientamento politico. Con la conclusione del caso Moro comincia il declino inarrestabile del Pci, declino che si arresterà solo con la sua uscita di scena nel 1991.

Dal loro punto di vista, hanno ragione i Veltroni, i D’Alema, i Bersani, i Fassino, gli Svendola, i Bertinotti, ecc. a celebrare Berlinguer, giacché è stato proprio questi, insieme al suo gruppo dirigente, ad aver permesso alla loro generazione senza arte né parte di diventare a suo tempo effimeri rappresentanti del ceto politico del grande capitale e a trasformare la pregressa storia epica del Pci in una farsa, senza alcuna tragedia in mezzo a fare da contrappeso, recitata da personaggi insignificanti e sempre più mediocri, braccia sottratte all’agricoltura in cui avrebbero potuto utilmente essere impiegate a vantaggio della comunità invece di tormentarci ancora oggi con la loro superflua presenza.

E si capisce ancora meglio anche perché tutti – da Scalfari alla Confindustria, dai neofascisti agli ex fascisti, dalla casta sindacale a Napolitano soprattutto, l’uomo della Cia e di Kissinger al vertice comunista – plaudano alla celebrazione veltroniana. In fin dei conti, Berlinguer è stato il soggetto politico che ha lasciato seppellire il Pci scavandogli persino la fossa, che ha fatto il loro gioco in maniera convinta e partecipe, e ha portato il suo partito alla tomba, lasciando poi che dalla sua carcassa in disfacimento emergessero i vermi politici odierni che si sono ingrassati a sue spese e continuano a ricavare dalla sua salma ormai spolpata ulteriori plusvalenze quanto meno mediatiche.

4. Si commuovono, certo, questi personaggi da commedia dell’arte, senza neanche una minima ombra tragica sulla loro maschera di comodo, e si capisce per quale ragione debbano farlo: lo fanno perché dalle loro facce posticce non trapeli il ghigno dell’impostore che gioisce del danno inflitto al soggetto di cui si fa l’apologia e che, al contrario, si porta sugli altari per meglio celebrare in forma simbolica, con l’elogio della vittima, la loro vittoria, che tanto più viene esaltata quanto più si dissimula dietro il postumo omaggio all’organismo politico che hanno ridotto in polvere e disperso poi ai quattro venti della storia.

Se di sicuro è stata paradossalmente la stessa forma mentis eclettica di Togliatti a preparare questi esiti, nello stesso tempo prima la generazione post classica dei Berlinguer, dei Napolitano, degli Ingrao, dei Macaluso (chiamato sin dal 1948, ironia della storia, dallo stesso Togliatti nel Pci[2]), dei Lama, dei Bufalini, ecc., seguiti da una folta schiera di peones nel partito e nel parlamento, tutti comprimari di ultimo piano che non sapevano niente del marxismo né di Lenin, ha subito inasprito lo stato di salute del Pci.

Poi questi ultimi, divenuti dirigenti al posto dei Longo, dei Pajetta, degli Amendola, ecc., hanno partorito la generazione degli Occhetto, dei D’Alema, dei Veltroni, dei Fassino, dei Mussi, dei Bassolino, dei Livia Turco, ecc., una nullità dietro l’altra, uova marce depositate nel Pci da soggetti altrettanto guasti e del tutto incapaci di capire alcunché del mdpc, delle dinamiche del capitale, del pensiero scientifico, delle tendenze del capitale finanziario, della logica dei dominanti, ecc.

Infine, divenuti dirigenti essi stessi al momento del collasso dell’Urss, questi personaggi sono andati finalmente al governo in nome e per conto degli Usa e della Nato e hanno fatto quello che hanno fatto, sporcandosi finalmente le mani nella Realpolitik dell’Occidente (guerre di aggressione alla ex Jugoslavia, sostegno delle avventure Usa in Mesopotamia, ecc.), funzione a cui avevano aspirato nei loro giovanili anni d’apprendistato.

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Massimo D’Alema con Fabio Mussi nel 1971

Si tenga a mente tuttavia il fatto che sono innanzitutto le classi dominanti italiane e occidentali, come dimostra in lungo e in largo Aldrovandi nel suo volume, a gioire dell’incensamento di Berlinguer mandato ad effetto dai suoi epigoni, carne e sangue del resto del segretario sardo, degna prole di cotanto padre. Tramite tale melliflua rievocazione, una melassa degna di ben altri fuochi[3], è il grande capitale che trionfa del suo successo ed esulta del fatto di aver portato a compimento i suoi piani mediante gli individui cui infliggeva un danno irreparabile, celebrando precisamente il soggetto, Enrico Berlinguer e il gruppo dirigente del Pci, che ha reso possibile la realizzazione dei suoi disegni a loro discapito.

Quale miglior congedo dai corrotti eredi del vecchio Pci e persino da coloro che lo hanno affossato che le parole di Kinsey Keene al loro mondo:

 

Well, what Cambronne said to Maitland

Ere the English fire made smooth the brow of the hill

Against the sinking light of day

Say I to you, and all of you.

 

Forlì, 24 marzo 2014                                                        Franco Soldani


[1] Si veda l’ultima rivelazione in merito sul Corriere della sera del 23 marzo 2014: I Servizi aiutarono le Br a rapire Moro e a uccidere la scorta.

[2] Si veda nel quotidiano La Stampa del 16 marzo 2014 l’articolo: Quando i comunisti mangiavano le oloturie

[3] Cfr. al proposito l’articolo di Michele Serra, quello che negli anni ’90 insieme a Gad Lerner teneva bordone al rampante D’Alema, sul giornale la Repubblica del 19 marzo 2014: Caro Enrico. Il rivoluzionario gentile che sognò un’altra politica. Della serie: quando la satira si applica a se stessa! Del resto, senza niente conoscere anch’egli del mondo contemporaneo, in questo suo compendio di aria fritta Serra ci fa sapere che la politica è ancora oggi «il motore del mondo». Ma lo vedi, avrebbe potuto dirgli Totò, che avresti fatto meglio a star zitto!

 

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