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juan de mairena

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Sociopoiesi. Come funziona e si riproduce la società del capitale (traccia e piano dell’opera)

Premessa

Concepire e addirittura pianificare la nascita di un pensiero alternativo alla cultura dominante dell’Occidente è ovviamente un’impresa smisurata per il singolo. Probabilmente anche per una comunità o per un lavoro corale. Immaginare poi di poterla mettere nero su bianco, è una pretesa che rasenta l’inaudito. Nondimeno, poiché nel regno dello spirito le costruzioni costano ben poco, ci si è avventurati volentieri e volenterosi nel cimento. D’altra parte, cercare significa prima di tutto mettersi nelle condizioni di trovare. In fin dei conti, le passioni umane, anche quelle intellettuali, notava il poeta, sono creature che vivono dei loro bisogni. Soprattutto del desiderio, in questo caso, d’intraprendere un viaggio oltre i confini del noto e del consueto: dai lidi familiari della vita ordinaria, coi suoi variopinti paesaggi abituali e spesso monotoni, verso acque e terre incognite. In luogo tuttavia d’illustrare le diverse parti dell’opera complessiva e i loro singoli capitoli, che dovrebbero parlare e presentarsi da soli, è preferibile provare ad esporre le ragioni che ci obbligano a rileggere e in pratica a ridiscutere tutto.

A vero dire, il proposito in questione rappresenta forse meglio la sua natura se ce lo raffiguriamo come un addio definitivo ad un intero continente di concetti popolato soltanto di ideologie del passato, di dottrine in ultima analisi, del tutto incapaci di spiegarci alcunché della realtà in cui viviamo. Prendere congedo una volta per tutte dal loro mondo fittizio diventa così un atto di ragione preliminare per l’eventuale emergere, un domani, di una diversa forma di conoscenza. L’universo delle ideologie in questione, infatti, a differenza di quello che si credeva, non è sterile e altamente fuorviante in conseguenza della sua età, di suoi particolari limiti locali, di sue tare congenite, tanto meno della sua “falsa coscienza”, oppure di qualsivoglia diverso vincolo. Tutt’altro.

Il fatto è che i variegati sistemi d’idee che in società si configurano come ideologie, qualunque forma essi assumano (quella politica, “tecnica”, filosofica, teologica, sociologica, economica, ecc.), rappresentano delle concezioni che vietano in linea di principio ogni comprensione di alcunché a causa precisamente della stoffa cognitiva di cui constano. La spiegazione delle cose che apparentemente secernono, cioè, si presenta come un sapere che è un ignorare, per riprendere qui un’evocativa formula della teologia occidentale, e dunque implica la non conoscenza degli oggetti di cui si occupa e di cui sembra, al contrario, render conto. L’ideologia, oltretutto, svolge un ruolo attivo di primo piano nel far valere le sue funzioni e nell’esercitare il suo sofisticato ruolo e nel distillare i suoi temibili effetti di dissimulazione, giacché la mediazione in causa le rende persino impossibile poter capire la sua più intima natura apocrifa. Un fatto, quest’ultimo, che alza un divieto invalicabile contro qualsiasi fuoriuscita dai suoi confini e nel contempo corrobora i suoi discorsi, imprigionandola in tal modo due volte in una gabbia dorata che essa stessa si è costruita intorno (vale a dire, che ha edificato intorno alla mente dei soggetti e incorporato al suo interno).

Nondimeno, se in prima battuta è intuitiva la differenza sostanziale tra analisi e interpretazione di un dato fenomeno e la sua rappresentazione ideologica, forse meno chiara è la distinzione tra lo status per così dire in re dell’intelletto apocrifo e l’ideologia scientemente fittizia e gli artifizi ideologici che le classi al potere mettono in campo, quotidianamente e a gettito continuo, per occultare e rendere invisibile agli individui gli effettivi stati di cose vigenti nel mondo, per far sparire dal novero degli enti osservabili la fonte illegale e in definitiva criminale – le loro decisioni discrezionali, cioè, coperte dal segreto – da cui poi emerge drammaticamente in primo piano il reale tangibile e la storia della società. Qui davvero i Megamedia odierni – non soltanto l’impero della comunicazione e dell’informazione, gli enormi apparati che gestiscono l’istruzione e la formazione delle nuove generazioni (che ne preformano, in altre parole, il pensiero futuro), i grandi Network planetari, la sfera del simbolico, la carta stampata e quant’altro, bensì anche le istituzioni statali e sovranazionali nel loro complesso: da quelle rappresentative ai codici normativi dell’ordinamento giuridico metropolitano e internazionale – svolgono una funzione insostituibile nell’invenzione quotidiana di quella realtà immaginaria e di quei mondi di nebbia.

D’altro canto, poiché il motore più interno della superficie manifesta non è visibile, ecco che ai singoli tutto sembra esistere e prendere forma esclusivamente nella fittizia agorà pubblica che è stata allestita per la rappresentazione dello script redatto dai vertici del potere. Come in un vero e ormai mondiale teatro all’aria aperta, ciò che i soggetti possono vedere e sentire sono solo gli attori e le comparse, le scenografie e i fondali di cartone, l’arredo dello stage e le voci stereotipe degli attanti che personificano ruoli e funzioni decisi dai dominanti, che dietro le quinte hanno scritto l’agenda dei loro discorsi e tirano i fili dell’intera pièce. L’attuale società civile dell’Occidente, ben al di là dei cliché interessati tramite cui ancora adesso la si dipinge, è oggi questa surreale arena politico-ideologica d’intima natura apocrifa. 

Si tratta ovviamente di due livelli diversi ma intimamente complementari della stessa cultura di fondo, di due strati internamente funzionali e in simbiosi di una stessa forma mentis, di una identica formazione ideologica, di una medesima logica perfida (connotati tuttavia da specifici meccanismi di funzionamento e da caratteri tipici, come si è visto). Il primo è il mondo dell’ideologia propriamente detta e di una conoscenza del mondo basata sull’ignoto e financo sull’inintelligibile; il secondo, invece, è il dominio per eccellenza dei mondi di fumo, della realtà inventata e dell’impostura programmata, scientemente pianificata e fatta diventare contesto e apparente scenario materiale, nel quale far vivere permanentemente – come pesci nella loro acqua naturale – i soggetti sociali e le masse più in generale.

Lo strato iniziale tuttavia è fuorviante e irrimediabilmente suddito in ragione prima di tutto del suo più intimo pensiero, del suo status intellettuale e della ineliminabile condizione subalterna dello spirito e della mente che ne risulta; il secondo invece è programmaticamente e scientemente falso perché deve sin dall’inizio servire intenzioni di dominio e di assoggettamento a dati progetti inconfessabili dei regnanti, che debbono essere occultati per non suscitare nelle moltitudini eventuali reazioni sgradite e potenzialmente pericolose per la stabilità di lungo periodo del sistema nel suo complesso. Ovviamente, qualunque ideologia di primo grado che si trovi poi ad operare e a vivere all’interno di tale secondo livello di realtà non potrà che raddoppiare la sua sudditanza rispetto alla cultura imperante e risultare infine perfino funzionale, in posizione gregaria e ancillare, per quanto di sicuro attiva, al mantenimento dello status quo, vale a dire alla riproduzione d’insieme, dinamica e processuale, del potere (ufficiale e di fatto, additabile e inosservabile).

Oltretutto, nella misura in cui l’individuo, tramite il libero arbitrio che sembra connaturato all’esistenza della nostra specie, è convinto sia di poter prendere decisioni indipendenti, sia di poter ragionare in modo autonomo e sua sponte, le sue condotte – confrontate tra l’altro con un contesto fittizio di fatti e di eventi che ha tutta l’apparenza di un suolo già dato e di una realtà a prima vista indubitabile – non potranno far altro che coadiuvare la presa dei Megamedia e dei mondi di fumo che secernono ogni giorno per ventiquattro ore al giorno. In questo senso, rappresentano il fertile terreno nel quale questi ultimi possono affondare le loro radici e far sbocciare poi i mille fiori delle loro verità prefabbricate by design.

Stando così le cose, è indispensabile allora dare un addio risoluto a tutta la civiltà liberale e ai complessi miti del suo passato. Opinione pubblica illuminata, sistemi democratici e partecipazione popolare agli affari comuni, ragione etica, consenso dei cittadini, governo negoziato o concertato dei processi storici (economici, tecnologici, ecc.), una società civile informata e capace di decidere a ragion veduta, egemonia di presunte classi dirigenti, capitalismo regolato (dallo Stato, dall’esecutivo, da presunte autorità centrali: finanziarie, monetarie, ecc.), ed in genere tutte le istituzioni e i rituali della realtà contemporanea, sono di fatto solo pallidi fantasmi di un’epoca che è ormai definitivamente tramontata. Se mai è esistito, una volta, un mondo simile, oggi semplicemente non c’è più. In ragione prima di tutto, ovviamente, dei fenomeni descritti in precedenza. Da questo punto di vista, anzi, si può probabilmente dire che tutta la multiforme e pressoché sconfinata produzione di cultura della società borghese non è mai stata altro che un onnicomprensivo universo fittizio che per secoli non ha fatto altro che secernere, per l’Occidente e le sue classi dominanti, dei mondi di fumo – di tutti i tipi: storiografici, politici, economici, letterari, estetici, ecc. – in cui far vivere di norma la mente dei soggetti.

Tale complesso di imposture, ovvero il gigantesco regno dell’ideologia nella sua duplice e stratificata accezione, se ha conosciuto con i Megamedia odierni un’evoluzione esemplare ed estremamente sofisticata, ha poi potuto paradossalmente usufruire anche dell’ausilio, atteso o suscitato poco importa in questo contesto, della concezione marxista. Con la nascita e la diffusione in tutto il pianeta, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, di questa nuova visione del mondo, il già opulento panorama o arsenale della ragione occidentale si è arricchito di un nuovo componente. Per quanto diversificata e nomade, eclettica ed erratica, animata dalla sua logica buona à tout faire, questa tradizione intellettuale e politico-ideologica è stata sin dagli inizi unificata da un comune stile di pensiero, che come una sorta di colla culturale ha da sempre si può dire tenuto insieme e cucito con un’unica stoffa le varie tessere del suo versatile puzzle.

Sarebbe troppo lungo e impegnativo dimostrare qui, testi alla mano, quali siano i limiti insuperabili dei suoi variegati sistemi d’idee, per lo più trincerati attualmente nell’accademia. Per una loro analisi rinvio il lettore ai diversi volumi dell’opera. Chi fosse interessato ad una loro più sintetica presentazione potrebbe forse leggersi, utilmente penso, Il porto delle nebbie, pubblicato da Faremondo nel 2008. Comunque sia, al momento è sufficiente constatare il fatto che tutte le mille varianti del marxismo contemporaneo, laddove sono sopravvissute alla loro stessa estinzione, non sono altro oggi che ideologie dei dominanti all’interno delle classi dominate. A causa innanzitutto della loro natura – sia perché svolgono compiti sussidiari o accessori, vale a dire vassalli, rispetto alla civiltà liberale, sia perché veicolano tra i subalterni interpretazioni fittizie del mondo, sia perché infine non sono in grado, in alcun modo, di spiegare il capitalismo attuale –, non possono far altro che venire incorporate stabilmente in funzione subordinata nella cultura dell’Occidente, di cui sono ormai da tempo parte integrante. Congedarsi definitivamente anche da questa formidabile zavorra scolastica diventa dunque indispensabile e imperativo. Prima ce ne liberiamo, meglio è.

La responsabilità dell’attuale stato delle cose, in parte perlomeno, ricade ovviamente anche su Marx. In ragione prima di tutto, probabilmente, delle quattro fonti intellettuali maggiori della sua complessa elaborazione. L’economia politica inglese, il pensiero politico francese, la filosofia classica, greca e continentale, ed infine – soprattutto, direi – il pensiero scientifico occidentale, non potevano non riversare nella sua concezione alcuni tratti tipici del duplice status dell’ideologia di cui si è prima discusso. Nondimeno, per nostra fortuna il grande tedesco ci ha anche lasciato in eredità un sofisticato set di concetti che può essere proficuamente impiegato nell’analisi della realtà presente. Per capire di quale preziosa stoffa consti questo tessuto, non mi resta altro da fare che rinviare il lettore al secondo volume di Sociopiesi. In ogni caso:

 

►sussunzione formale e reale del lavoro al capitale,

 

►storia contemporanea del mondo,

 

►il soggetto come incarnazione del modo di produzione capitalistico,

 

►logica post festum,

 

►dominio ubiquitario del fattuale,

 

►principio volontà,

 

►ordine interno e superficie visibile,

 

►ed in ultimo, a coronamento di tale dirimente corteo d’idee-chiave, natura preformata del sapere scientifico,

 

sono tutte nozioni originali e sottilmente raffinate che disegnano i contorni di una nuova teoria della società che dobbiamo integralmente a Marx. Sono queste categorie ad aprirci le porte, potenzialmente almeno, di un nuovo mondo della mente. In primo luogo, naturalmente, attraverso la messa in discussione del presunto status avalutativo – super partes ed oggettivo – della scienza e lo svelamento dei sottili e pressoché invisibili legami che correlano intimamente la conoscenza disinteressata col potere determinante del capitale.

Perché solo oggi sia divenuto possibile immaginare tale ciclopica impresa è presto detto. Per poter vedere qualcosa infatti, spiegava a suo tempo François Jacob, è necessario che vi sia almeno una teoria pronta ad accoglierlo. D’altro canto, ha precisato René Thom, elevando alla massima potenza il criterio precedente, se non si ha il concetto preliminare di un oggetto neanche lo si vedrà. Poiché il marxismo storico non è mai stato in grado di ottemperare a questi due esigenti obblighi, nemmeno è mai stato capace di percepire fino in fondo la complessità della società capitalistica, schermata e protetta da una serie di potenti mediazioni che gli sono sempre rimaste ignote. Poiché non ha mai potuto capire, per una folla di ragioni, i processi e i caratteri dirimenti del capitale, ecco che non è mai stato nelle condizioni di poterne spiegare la logica più profonda, né tanto meno di metterne a fuoco i sofisticati meccanismi riproduttivi.

Viste le cose da questa prospettiva globale, si comprende meglio perché fosse necessario ripensare, tendenzialmente perlomeno, tutto quanto, e perché dunque il piano dell’opera dovesse abbracciare l’umanamente possibile, quello che forse l’individuo può fare e realizzare con le sue sole forze e, auspicabilmente, con la collaborazione di altri. In fin dei conti, se è vero che, come diceva Valéry, «l’esprit invente l’Univers», dovrebbe essere possibile al nostro povero intelletto condurre in porto, a cospetto di cotanto, un ben più modesto intento. Lasciamo allo spirito illuminato della grande poesia contemporanea l’ultima parola:

 

Si ta règle est le désordre, tu paieras d’avoir mis de l’ordre.

Suis ta règle.

 

Forlì, 18 agosto 2009                                                                        F. Soldani

 

 

Piano dell’opera 

Parte prima

Il pensiero ermafrodita della scienza: 

la rivoluzione cognitiva prossima ventura

 

Paul Valéry:

La pensée a les deux sexe,

se féconde et se porte soi-même.

 

 

1. La scienza vista dall´esterno

 

  1. Stereotipi e miti fuorvianti
  2. Filosofie fittizie
  3. Apologie gratuite
  4. Ideologia sociologica e storiografica
  5. Mitologia epistemologica

 

2. La natura della scienza

 

1. La scienza vista dall´interno

  1. I principi scientifici della fisica: dal classico al quantistico
  2. Ciò che la fisica dice e ciò che non dice
  3. La doppia logica della teoria quantistica
  4. Sistema Naturæ: i due ordini dell´Universo

6. Livelli di realtà e conoscenza

 

3. La logica versatile della scienza

 

1.Después de la verdad, nada hay tan bello como la ficción (Juan de Mairena)

  1. L´ineludibile vincolo del principio di coerenza
  2. Il giardino scientifico dei paradossi
  3. Quel che la scienza non può dire
  4. L´indispensabile mediazione del Divino
  5. Temibili simmetrie: scienza e capitale
  6. Propriocezione teologica e scientifica
  7. I concetti specchio: la scienza ragiona come il capitale funziona

 

 

 

Parte seconda

 

 

La logica più sofisticata del capitale

Nascita e natura dell’ordine sociale

 

Karl Marx:

Il capitale è la potenza economica della società che domina tutto.

 

 

1. Le origini del capitale

 

  1. Segnavia
  2. Processi originari
  3. Storia pregressa e storia contemporanea del capitale
  4. La dissoluzione delle comunità originarie
  5. La transizione dal feudalesimo al capitalismo: le due vie
  6. La nascita del lavoro libero
  7. Le mediazioni della compravendita

 

2. La natura del capitale

 

1. Sussunzione formale del lavoro al capitale: cooperazione

semplice e cooperazione capitalistica

  1. Sussunzione formale e reale del lavoro al capitale: divisione del lavoro e manifattura
  2. Sussunzione reale del lavoro al capitale: sistemi di macchine e macchinismo
  3. Sussunzione reale del lavoro al capitale: la funzione della scienza
  4. Nascita della classe operaia
  5. La natura del principio determinante

 

3. Il valore e le sue mediazioni

 

1. Circolazione semplice

  1. Circolazione specificamente capitalistica
  2. Dal valore al valore di scambio
  3. Prezzi e denaro
  4. Dal valore ai prezzi di mercato
  5. Misura e computo dei valori: la confutazione della logica calcolistica
  6. La dialettica di produzione e circolazione

 

4. Il soggetto del capitale

 

1. Nascita della logica post festum

  1. La realtà fattuale
  2. Il principio volontà dei soggetti
  3. La decisione ricorsiva

 

5. La società del capitale

 

1. Tecnologia e tecnica

  1. Circolazione
  2. Riproduzione d´insieme

 

 

 

Parte terza

Il pianeta nell´epoca criminale del capitale finanziario

La logica geopolitica più profonda dell´impero

The American homeland is the planet.

The 9/11 Commission Report

Authorized edition (2004)

 

 

1. La natura del capitale e la conoscenza della natura nel pensiero marxista tra Ottocento e Novecento: Europa e Stati Uniti

 

  1. Il mondo intellettuale della II Internazionale: dal Programma di Gotha al Programma di Erfurt e al revisionismo
  2. Il marxismo dell’Antidühring: la conoscenza del mondo
  3. Il marxismo dell´Antidühring: capitale e socialismo
  4. Il fragile universo immaginario di Engels
  5. Il marxismo del Programma di Erfurt
  6. Il marxismo socialdemocratico del primo Novecento
  7. Antidühring e Erfurt a confronto: concordanze, analisi mancate, omissioni
  8. I compendi del Capitale di Marx: Schramm, Most, Cafiero, Déville, Kautsky e Bernstein, Aveling
  9. Il sistema dei concetti del <<marxismo ortodosso>>
  10. I testi di Marx ed Engels come fonti del <<marxismo ortodosso>>
  11. Il marxismo di Louis Boudin
  12. Il marxismo di Lenin
  13. Il marxismo di Bucharin

 

2. L’imperialismo del primo Novecento

 

  1. L’analisi di Hobson
  2. Il pensiero di Kautsky
  3. L’interpretazione di Hilferding
  4. L’argomentazione di Rosa Luxemburg
  5. La visione di Bucharin
  6. La concezione di Lenin
  7. Le spiegazioni degli economisti accademici

 

 

3. La natura del capitalismo e dell’imperialismo nell’ideologia marxista del Novecento

 

  1. Proprietà privata e industria
  2. Sistema di merci e mercato
  3. Macchine e tecnologia
  4. Dispotismo e comando imprenditoriale nella produzione
  5. Struttura e relazioni di potere
  6. Il sistema di decisioni della grande impresa
  7. Il sistema mondiale delle banche
  8. Flussi finanziari
  9. La struttura dell’impero: il centro e le periferie

 

4. The New World Order: l’imperialismo del XXI secolo

 

  1. Il capitale finanziario alla guida della società: la simbiosi Governo-Grandi Banche-Giant Firm
  2. Militarismo rampante: l’impero delle basi
  3. La dominanza economica dei <<Pentagon Contractors>>: war as business
  4. Il controllo delle risorse planetarie: il <<big game>> dell’energia
  5. Imperialismo monetario
  6. Petrodollar Warfare: <<peak oil>> e gepolitica planetaria

 

5. Modo di produzione capitalistico e imperialismo: una spiegazione alternativa

 

  1. Potenza del capitale
  2. La superficie del mondo
  3. Dinamiche sociali immanenti
  4. La mente del soggetto
  5. Le strategie geopolitiche dei dominanti
  6. I fondamenti del superimperialismo statunitense
  7. Militarismo, finanza e corporations come creature del capitale

8. Surrealismo cognitivo: il pensiero emergente

 

 

 

Parte quarta

 

La realtà dissimulata

 

José Marti:

En lo politico,

lo real es lo que no se ve.

 

 

1.La società contemporanea

 

  1. Sistema
  2. Istituzioni
  3. Ideologia
  4. Megamedia

 

2. Il potere politico

 

1. Stato: natura e struttura

  1. Sistema di norme
  2. Tecnica sociale
  3. Agire politico e arcana imperii

 

3. L´economico

 

1. Grandi imprese, finanza e mercato

  1. La simbiosi di business e crimine
  2. 11 Settembre 2001

 

4. Geopolitica

 

1. Geopolitica globale

  1. Capitale finanziario, imperialismo, militarismo
  2. Le brame planetarie dei dominanti

 

 

 

 

Parte quinta

 

La verità inventata

 

Juan de Mairena:

Se miente más de la cuenta

por falta de fantasía:

tambien la verdad se inventa.

 

1. Sunset Boulevard: mitologie del passato

 

  1. Materialismi inesistenti
  2. Il marxismo delle élite
  3. Il marxismo come ideologia delle classi subalterne
  4. Il marxismo realizzato
  5. Il marxismo come ideologia dei dominanti

 

2. Immaginazione cognitiva: come il pensiero genera la realtà

 

  1. La realtà mediata
  2. Il pensiero a forma di spirale
  3. Il tempo ricorsivo della storia: l’eterno presente del capitale
  4. Mondi senza dominio

5. Logos futuro

 

3. L´universo della mente

 

1. La mente emergente

2. La materia del pensiero

3. La realtà della conoscenza

4. La società cognitiva

5. Mondi immaginari

6. Sistemi di ragione

7. Totalità onnicomprensive

8. Universi apocrifi

Pagine: 1 2

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