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Della memoria corta, selettiva e manipolatrice

Ireneo Corbacci



27 gennaio 2022



La memoria, specie quella storica, è sempre corta.
Purtroppo, questo non è nemmeno il suo più grande inconveniente: oltre che corta, infatti, essa è selettiva, tremendamente selettiva. E neppure questo, a ben vedere, costituisce il suo reato specifico: essa è, sotto questo aspetto “penale”, intrinsecamente manipolatrice: una memoria che mentre seleziona trasforma i suoi ricordi, rifonda la storia, adatta le sue narrazioni al disegno di chi la fa, di norma i dominanti e i vincitori in abito da chierici, oggi anche mediatici e influencers, ma sempre chierici col capo pelato pronto a ricevere la cenere per salvare la poltrona, come già 3500 anni or sono faceva lo scriba sumero immortalato nella famosa statuetta…
Storicamente, della memoria manipolatrice hanno fatto le spese in tanti, sin dagli albori dell’età moderna: i popoli indigeni delle Americhe, gli irlandesi ridotti alla fame, gli operai inglesi che compresero la loro rovina chiamata telaio a vapore, i contadini cinesi sfiancati dall’oppio smerciato dai colonizzatori britannici di Sua Maestà… E sono solo alcuni fra cento e più esempi storici.
Ma gli esempi sono fenomeni, diceva la buonanima di G.W.F. …
Siamo allora obbligati a ricercarne le cause, signore e signori.
Sappiamo allora che la memoria (storica) non solo è corta, selettiva e manipolatrice, ma che i suoi prodotti (sempre in via di farsi) ci mostrano ciò che qualcuno ha deciso di mostrarci appunto come fenomeni che dipendono da certe cause. Se l’operazione del qualcuno è di solito smascherabile e decifrabile mediante opportune inchieste (magari giornalistiche o “sociologiche”), non così accade con le cause, che di norma rimangono “non viste e sentite”, perché per afferrarle occorre un “di più di pensiero” che non si acquisisce nell’inchiesta: quel lampo che è tutto, diceva Henri Poincaré.
Puoi arrivare a smascherare Bill Gates che profetizza l’avvento della prossima più letale pandemia; molto più difficile è spiegare perché debba farlo, in base a quale causa o necessità storica che in qualche modo lo spinge e lo usa come infame attore…
Chiedo subito scusa ai lettori: il mio ragionamento si è già spinto troppo oltre. Chiedersi come si cercano le cause è qualcosa che disturba la mente del soggetto contemporaneo, specie quella forgiata entro il nascente Cybercapitalismo.
Torniamo allora all’ovile del Covid 19 e all’odierno “giorno della memoria”: se proprio vogliamo parlare di cause, limitiamoci a quelle del maledetto marchio verde.
Se oggi si celebra davvero la memoria di qualcosa, questa è la memoria dei dati, inventati e usati per costruire la narrazione del terrore. E mentre il governo britannico – il più smemorato fra tutti – adesso fa affiggere manifesti per mettere in guardia la popolazione dai danni del vaccino, quando fino a ieri era in trincea per la vaccinazione di massa, c’è seriamente da chiedersi quali possano essere le cause oscure di una memoria così sbrindellata, versatile e assurda.
Una qualche risposta tragicomica ce l’ha data, a suo modo, l’ignobile ambaradan mediatico italiano, con la sua fobia della memoria lunga avanzata in questo fatidico giorno dai novelli perseguitati della puntura e del timbro fecale, allargati ormai alla stragrande maggioranza della popolazione al di sotto delle tre dosi…
Il paragone o la comparazione storica con l’Olocausto e la Shoah non si può fare; in Italia non ci sono lager solo per renitenti al buco e per pentiti dopo le due dosi: è stato calcolato che non basterebbe la superficie di due regioni come la Lombardia e il Veneto per alloggiarli tutti nelle casette per terremotati della Protezione Civile. In effetti, sono stati ad un tempo più efficienti ed inclusivi: hanno fatto un lager unico per tutto il Paese già al tempo della reclusione domiciliare del 2020: Conte e Speranza hanno dimostrato di essere più potenti e sofisticati dei nazisti storici. Basta con offensivi, irricevibili paragoni.
Possibile che ricordare questa indiscutibile ABC dopo soli due anni possa essere oggetto di un’assenza assordante di memoria che non può avere causa se non quella dei dati fabbricati, sui quali – more solito – è stata eretta tutta la narrazione che uccide?
In proposito, mio nonno coltivatore diretto perseguitato dal fascio perché aveva rifiutato la tessera, diceva che la porta della civiltà si è chiusa ma da sotto la polvere filtra lo stesso e si alza verso le nostre narici, fino a farci perdere la lucidità, fino al delirio e alla perdita del senso di realtà: ecco, questa mi pare, fra le tante che appaiono invece farlocche, una delle cause vere della memoria malata che oggi ci affligge. La porta della civiltà si è chiusa, da secoli forse. Ridirlo adesso può fare ancora un certo effetto nel “giorno della memoria”. Vuol dire che quella memoria non si può salvare, che anche se i perseguitati di oggi vorranno un domani essere magnanimi non potranno davvero “perdonare” chi li ha bestializzati, in quanto è chiaro che quella memoria è tutta da rifare insieme alla supposta civiltà moderna che l’ha prodotta, insieme ai “pensieri” della sua presunta scienza…
Chiediamoci: potrebbe in proposito nascere un programma ardito, di formazione di una differente memoria, da parte di quanti stanno subendo sulla propria pelle le angherie della memoria istituzionale e della narrazione Covid? Certo, potrebbe nascere, ci sono le teste per farlo.
Ed è poi quello che la stessa vita vuole, oggi, in barba a tutta la civiltà la cui porta si è chiusa.
Non ci resterà che ridere per il resto della vita.

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