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Dopo le elezioni europee, che fare?

 

New capitalism Pubblichiamo qui un articolo di Franco Soldani a commento dell’intervento di Marina Minicuci. Le questioni politiche si intrecciano con l’analisi della società del capitale, l’interpretazione del mondo in cui viviamo con la possibile fuoriuscita dal suo sistema di dominio. Si avanzano alcune modeste proposte al M5S e nello stesso tempo si condivide la sua carica antagonista rispetto al vecchio e ormai impresentabile ceto politico del passato e presente, di cui Renzi è il degno erede. Chissà che non si sia oggi di fronte ad una svolta nella storia del nostro paese. Lo scritto si rivolge naturalmente agli utenti del sito, ma anche a tutti coloro che sono intervenuti nella discussione in merito alle tesi di Marina. Vale a dire, sia alle persone convinte sia a coloro che hanno ancora dei dubbi legittimi, quando l’oggetto delle nostre attenzioni non è forse del tutto perspicuo. In politica del resto, la cosiddetta arte di governare i popoli per tenerli sottomessi secondo De Maistre, che cosa lo è? Per parte nostra speriamo solo di essere riusciti a far intravedere la posta in gioco della partita.

Dopo le elezioni europee, che fare?

Alcune modeste proposte per il M5S

 

 Sul capitalismo

 

 

 

Indice

    Premessa

1. La società del capitale: natura e logica di funzionamento

2. Strade non prese

3. Un Everest a prima vista laico: la scienza

4. Un Everest confessionale: la teologia dell’Occidente

5. Logica della politica e trasformazione della società    

 

Premessa

                    L’articolo di Marina ci ha descritto una realtà politica, quella del M5S, tanto ferocemente avversata dai Megamedia (carta stampata, TV di Stato e privata, ecc.: d’ora in poi MeMe), quanto quotidianamente, a ciclo continuo, 24 h su 24, distorta da quegli uffici della propaganda dei grandi monopoli occidentali – grandi imprese transnazionali e Banche Giganti (BG) dell’Occidente – che sono ormai divenuti i partiti politici odierni (non solo italiani ovviamente).

Banken

Paradossalmente, di contro all’opinione corrente diffusa a piene mani dai MeMe, la prima agenzia degli odierni poteri forti della società non è tanto FI, quanto l’attuale Pd. Si tratta infatti del partito monstre per eccellenza del nostro panorama istituzionale, un OGMpolitico d’importazione Usa assemblato nel corso del tempo con parti avariate di vari organismi persino estinti – pezzi del vecchio Pci, della DC, dei radicali, persino del Psi, dei socialdemocratici e quant’altro, di tutto il cascame precedente insomma – e messo al mondo con un’operazione di ingegneria genetica degna della Celera Genomics di Craig Venter.

Oltretutto, tale Frankstein politico brulica oggi di lobbies, di frazioni in concorrenza reciproca, di potentati economici intranei come dice la Cassazione (la grande distribuzione: le Coop, feudo del vecchio personale politico del Pci, Unipol ecc.: qualcuno si ricorda di Fassino, allora segretario dei DS – appoggiato dai suoi sodali D’Alema e Bersani, ministro dell’industria quest’ultimo all’epoca nel governo Prodi –, che nel 2005 chiedeva al telefono al suo degno Consorte, presidente e amministratore delegato di Unipol, se disponevano finalmente di una banca tutta loro, la Bnl nella fattispecie?), di finte opposizioni interne, di una organizzazione gerarchica[1] e naturalmente di una massa elettorale di manovra, come diceva il giovane Gramsci, tutte supportate purtroppo dal potere illimitato e devastante dei MeMe.

Già il fatto che abbia tra i suoi sponsor politici Eugenio Scalfari (la controfigura giornalistica di De Benedetti e suo fiduciario major), che attualmente dalle colonne di Repubblica (il suo padronale ufficio della propaganda) sta facendo campagna elettorale a suo favore[2], dovrebbe essere motivo più che sufficiente per volerlo vedere ridotto in macerie. Già riuscire a distruggerlo o a metterlo in ginocchio sarebbe un successo politico rilevante e di primo piano.

Corporate mediaimages

Tra l’altro, le sue origini ormai remote risalgono al disfacimento del vecchio Pci cominciato con la conclusione dell’operazione Moro il 9 maggio 1978. Quali siano state le fonti occulte e manifeste che hanno organizzato sequestro e uccisione del leader DC al tempo ci è stato spiegato da Aurelio Aldrovandi nel suo ultimo lavoro[3]. Sta di fatto che dopo quella data il partito di Berlinguer è divenuto solo un cadavere ambulante, sempre più marcio, andato in giro per l’Italia e il mondo ancora per qualche anno a seminare i suoi afrori di specie in via di accelerata decomposizione.

Con la direzione Natta, nel 1984, ha avuto persino il tempo, prima di esalare l’ultimo respiro nel 1989 (con al capezzale il medico curante dell’epoca Achille Occhetto), di eleggere a capo dello stato Francesco Cossiga, uno dei fiduciari Usa che insieme a Giulio Andreotti aveva maggiormente contribuito al suo interramento ante mortem. Dobbiamo essere grati ad Aldrovandi per averci fatto capire i retroscena dell’affaire. D’altro canto, il suo lavoro costituisce anche una preziosa guida per comprendere natura e funzioni degli arcana imperii, uno dei poteri più occulti dello Stato di cui nessun trattato di scienza della politica mai vi parlerà, nella gestione degli affari pubblici e delle vicende sociali.

A fronte di queste condizioni al contorno, intanto, dobbiamo esser grati penso a Marina per le felici metafore – CLN, Soviet postmoderni, ecc. – con cui ci ha descritto i complessi caratteri del M5S (caratteri del resto in evoluzione). In effetti, per poco che corrispondano alla realtà delle cose, ci danno tutta la misura delle potenzialità politiche insite in questo movimento. È per questo che mi ha convinto della opportunità di votarlo, comunque vadano le cose. Anche di questo le sono personalmente grato, visto che erano almeno quaranta anni che disertavo le urne. Il che non vuol dire, naturalmente, che si debba sposare con matrimonio indissolubile il M5S, né credere ciecamente o in toto ai suoi argomenti. In fin dei conti, le deleghe politiche possono essere comunque revocate. A chiunque. Certamente però non possono più esser date a quelle associazioni a delinquere che sono ormai diventati i partiti politici italiani.

Nondimeno, l’articolo di Marina è importante anche per un altro aspetto. Per la giusta indignazione etica che circola in tutto il suo intervento nei confronti dell’attuale stato delle cose, linfa davvero vitale per chi aspira a cambiare il mondo e a renderlo migliore a cominciare dalla propria realtà locale o nazionale. Senza questo sdegno politico nei confronti dell’attuale sistema sociale, nutrito tra l’altro di ragioni da vendere, nessuna condotta alternativa pare possibile. Proprio perché è il contrario dell’assuefazione al meno peggio, rappresenta une delle premesse di un possibile cambiamento sia dei contegni dei singoli o loro maniera di agire (comportamenti, scelte, decisioni, prassi, ecc.), sia del modo tradizionale di pensare di ciascuno.

D’altra parte, benché le nostre interpretazioni delle cose non siano identiche, sono comunque sfumature diverse di un medesimo spettro cromatico, sono letture in parte dissimili dello stesso problema di fondo: come fuoriuscire dalle società dell’Occidente capitalistico. Da questo punto di vista, la loro “colla” è data da una sorta di intento unitario e convergente, fatto di prospettive consimili ma non gemelle, derivanti in parte dalla storia pregressa di ognuno di noi, in parte dalla cultura originaria e dagli interessi di ciascuno (formazione, studi, ricerche, ecc.), in parte dagli stessi immani compiti che ci si sono posti. Date queste condizioni al contorno, c’è poco da meravigliarsi del fatto che le stesse concordi analisi presentino anche differenze di accento e di indirizzo e non siano indistintamente omogenee. Per dirla in breve con uno slogan: diversi ma uniti.

D’altro canto, il fatto che il M5S sia un movimento in divenire, con una sua fisionomia e una sua identità in progress, rende virtualmente transitorie quelle articolate – e per ciò stesso diversificate nella loro similarità – letture della realtà, che sono poi, in definitiva, delle spiegazioni controcorrente, in grado di evolvere ulteriormente e magari di sviluppare le loro affinità di fondo. Questo almeno è il mio augurio.

 

La società del capitale: natura e logica di funzionamento

Il capitale è la potenza economica della società che domina tutto.

K. Marx

  Se viviamo pur sempre entro la società del capitale, diventa necessario prima di tutto capirne natura e logica di funzionamento. Sarebbe davvero paradossale che una rivoluzione politica e civile emersa dal basso confinasse la sua azione  solo entro la sfera delle istituzioni politiche. Se trasformare il modo di fare politica e le istituzioni in cui quest’ultima si incarna è un primo passo preliminare e basilare, non è tuttavia sufficiente per trasformare anche la struttura economica sottostante e di cui la sfera della politica (il governo, l’esecutivo, i suoi uffici, ecc.) è in fin dei conti un comitato d’affari. In ogni caso, è chiaro che alle spalle dell’esecutivo e sopra la sua testa, sempre più spesso anche dal suo interno attraverso rappresentanti del capitale finanziario in posti chiave del suo organigramma, agiscono sempre dei potentati economici – la vera istanza di vertice che prende tutte le decisioni strategiche più importanti – che dettano l’agenda reale delle misure da prendere.

Merce, denaro, mercato, circolazione delle merci, competizione, grandi imprese, banche, potere del grande capitale, ecc., sono le rubriche economiche che si trovano all’origine del sistema odierno. Sono i suoi pilastri di fondo. Non è possibile lasciarli intatti se si vuol cambiare veramente la vita, come diceva Gaber. Si può mai ricostruire una casa comune senza rifare le fondamenta? È invece indispensabile agire sulla loro natura se si vuole effettivamente fuoriuscire dal mondo odierno, quello che ha provocato i disastri umani, politici, civili, ecc. che sono sotto gli occhi di tutti. E non è possibile farlo senza conoscere Marx. Il che equivale a dire che è indispensabile leggere e nuovamente meditare quella sorta di grande manifesto del pensiero alternativo all’Occidente che è il suo Il Capitale.

Marx nel 1875

Karl Marx

Non perché il grande tedesco sia chissà chi, ma perché è stato l’unico ad averci consegnato un prezioso set di distinzioni che ci sono ancora oggi indispensabili per poter mandare ad effetto il programma del M5S. Poiché farne un inventario completo o anche parziale ci porterebbe troppo lontano, mi limito a segnalarne solo due – dirimenti in ogni caso –, giusto per dare un’idea di che cosa sia il loro sofisticato insieme e quale impagabile sistema d’idee contenga.

 

In primo luogo, tutte le succitate rubriche dell’economico rappresentano forme fenomeniche (FF) del capitale e non possono essere semplicemente trattate come premesse dell’esperienza che ne facciamo ogni giorno. Se sono fenomeni del modo di produzione capitalistico (mdpc), sono ovviamente dipendenti dalla loro causa e non possono costituire la fonte effettiva di quella che definiamo sfera dell’economia. Esse danno vita ad un mondo economico di superficie, ma non sono la sua struttura. Questo anche per un’altra circostanza, non meno importante della precedente.

Le regole del retto ragionare ci dicono infatti che perché i nostri discorsi (analisi, descrizioni, interpretazioni, dimostrazioni, ecc.) abbiano senso e siano in grado di veicolare dei significati intelligibili da parte dei nostri interlocutori, debbono rispettare perlomeno due principi fondamentali di logica: il principio di ragione sufficiente (prs) (ogni cosa deve avere una causa) e il non meno vincolante principio di coerenza (pdc) (che esige il tassativo rispetto della non contraddizione).

Non possiamo dunque considerare le molte rubriche prima viste come presupposti delle nostre dimostrazioni, giacché se lo facessimo dovremmo ammettere di poter dedurre da premesse ignote, in quanto considerate come dati di fatto di cui non si è additata la causa e non le si è dunque spiegate, una conoscenza del loro mondo. Il che è impossibile. Ergo, anche per questa via le rubriche in questione debbono discendere da una loro specifica origine. Nella fattispecie, valore e plusvalore, due altri concetti cruciali di Marx, sono la loro fonte.

D’altro canto, il dominio delle FF del capitale implica sia l’esistenza di due differenti livelli di realtà nel mondo reale, sia l’esistenza di un motore più interno da cui quella sfera di superficie emerge e di cui tale motore si serve come di una scaltra mediazione per mettere sul davanti della scena i suoi effetti rimanendo così invisibile. E già questo ci fa capire che viviamo, in quanto individui del capitale, in una sfera di realtà derivata e dipendente da qualcos’altro.

Alla luce di queste distinzioni, è facile comprendere il fatto che ogni qualvolta gli economisti, i “tecnici”, gli esperti del sistema, i politici, ecc., discettano di economia e dissertano sui suoi austeri vincoli (adesso provenienti addirittura dalla Commissione UE e dalla Bce di Francoforte), in realtà non sanno di che cosa stanno parlando. A patto tra l’altro di assumere che siano sinceri e non vogliano con le loro ricette sulle presunte “leggi” economiche somministrarci una solenne impostura, come certo è possibile e del tutto legittimo pensare.

È infatti nella cosiddetta sfera dell’economia reale che avvengono poi le truffe, le frodi, gli imbrogli, gli inganni, i crimini ai danni dei singoli cittadini: falsi in bilancio, paradisi fiscali, realizzazione di mille TAV[4], collocazione di titoli di stato sui mercati finanziari internazionali tramite la Banca d’Italia (un pool di banche private), finanziamento delle grandi aziende di stato tramite denaro pubblico, corruzione dei loro funzionari (top manager, CEO, ecc.), malaffare, subordinazione finanziaria al predominio del dollaro (stampato a discrezione dalla Fed statunitense), ecc. ecc.. Per non parlare poi della stabile simbiosi tra Giant Firm dell’industria, grande finanza internazionale e criminalità organizzata[5].

Una prova provata degli equivoci che spesso dominano quando si prende in esame l’economico è la confusione tra capitale finanziario (CF) e attività finanziaria delle BG (in prevalenza, non a caso evidentemente, statunitensi). Mentre per i classici del marxismo, per Lenin in ogni caso, il CF era una simbiosi di grande industria e banche (con i loro rappresentanti spesso direttamente, in funzioni chiave, dentro l’esecutivo), quasi sempre oggi nella pubblicistica corrente con CF si intende pressoché esclusivamente la colossale massa di capitale cartaceo (titoli, azioni, obbligazioni, depositi, ecc.) posseduta dagli istituti di credito.

The outlaw bank

BCCI A partire da questo equivoco si contrappone poi, del tutto surrettiziamente, la cosiddetta economia reale (quella manifatturiera che produrrebbe ricchezza) a quella puramente speculativa dei grandi gruppi finanziari, dimenticando bellamente tanto che i due sottosistemi, proprio perché l’uno incorpora l’altro, sono complementari ed entrambi lavorano in tandem per la riproduzione complessiva del mdpc, quanto che all’interno di ambedue, nel sistema di potere di cui constano e nella gerarchia di ruoli e funzioni che incarnano, avviene l’estrazione di plusvalore dalla manodopera impiegata e la sua successiva realizzazione sul mercato. La mediazione bancaria e finanziaria, oltre ad esser culo e camicia con le imprese manifatturiere e il loro braccio monetario, è in ogni caso un indispensabile partner della loro logica, non un potere a se stante che sia sfuggito di mano ai dominanti.

In ogni caso, è chiaro che l’auspicata rivoluzione politica e civile del M5S non può limitarsi soltanto al radicale rinnovamento del ceto politico italiano, ad una riforma, per quanto profonda la si possa immaginare, dello stile e dei significati del fare politica (dell’amministrazione dello Stato, dei servizi, ecc.) pensando agli interessi nazionali e non a quelli di date consorterie o delle classi capitalistiche patrie (loro singole parti, loro cordate, ecc.), che del resto sono sempre state in simbiosi col vecchio potere politico. Quest’ultimo, anzi, ha rappresentato per decenni, sin dal primo dopoguerra, il loro fido comitato d’affari.

Oltretutto, le grandi imprese italiane, il nostro sistema bancario, la cui sintesi massima è l’attuale Banca d’Italia, e quindi l’intero nostro sistema economico tradizionalmente inteso, sono di fatto un unico conglomerato con le corrispondenti GF e BG statunitensi e comunque dell’Occidente e si trovano dunque in stretta alleanza con i suoi poteri forti (legate a doppio filo a questi ultimi tramite la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, ecc.), da cui in definitiva dipendono per poter sviluppare le loro strategie di lungo periodo. Nessuna difesa degli interessi del paese è possibile in queste circostanze, se ovviamente per paese intendiamo la gente che lavora, il lavoro dipendente in generale.

Non bisogna per di più dimenticare il fatto che la Repubblica è ancora oggi crivellata di servitù militari e ospita sul suo suolo perlomeno 113 basi militari NATO e Usa. Grazie ai siti nucleari che alloggia sul proprio territorio, rappresenta inoltre una potenza nucleare non dichiarata[6] in grado di proiettare testate termonucleari in mezzo emisfero boreale, sicuramente su tutto l’Est europeo. Si può ignorare questo dato di fatto? Si può mai pensare di poter rivendicare una qualche sovranità nazionale in queste condizioni geopolitiche di completa sudditanza agli Stati Uniti?

Nondimeno, preso atto del fatto che la spiegazione di Marx vista in precedenza non è rinvenibile in alcun manuale di Ecomomics, disciplina che a questo proposito si comporta come i trattati di scienza del diritto e dello Stato dei politologi accademici, che mai menzionano gli arcana imperii come potenti strumenti occulti della Realpolitik del potere legale, in secondo luogo dobbiamo a Marx anche un’altra cruciale distinzione.

Gli individui che incarnano le rubriche economiche in discussione, infatti, sono per Marx tanto soggetti attivi dell’economia e primi attori delle loro condotte, quanto funzionari del mdpc e quindi individui dipendenti da quest’ultimo, sue creature senzienti. In pratica, gli individui che personificano le rubriche economiche e danno loro una veste politica, tanto sono soggetti in senso proprio, persone in grado di decidere loro sponte quali decisioni prendere e quali condotte assumere, quanto sono per ciò stesso assoggettati ad un’altra logica, che di essi si serve per riprodursi senza che essi possano saperlo né sospettarlo.

Va da sé che le rubriche incarnate dai soggetti non posseggono alcuna carattere oggettivo né conoscono sviluppi automatici di sorta. Hanno sempre bisogno della mediazione dei diversi personaggi per poter svolgere le loro funzioni (imprenditori, operai, banchieri, manager, ecc.). In questa luce, spiega ad es. Marx, «il capitalista è detentore di potere solo in quanto personificazione del capitale»[7]. E il risvolto più sorprendente di tutto l’affare è che deve essere così. Non possiamo infatti spiegarci la cosa in altro modo.

I singoli individui e le classi sociali in genere non possono essere soggetti sovrani, perché se li consideriamo causa di se stessi, se prendiamo le mosse dalla loro apparente esistenza anteposta e già data e li riteniamo la fonte prima del loro mondo (della storia che secernono, dei processi societari che mettono in moto, ecc.) tanto incorriamo solo in un’analisi tautologica del reale, muta dal punto di vista della conoscenza (la fonte del potere è la brama di dominio, l’origine della politica è la volontà, la storia è quello gli uomini fanno, ecc.), quanto finiamo col violare nuovamente sia il prs sia il pdc, simultaneamente tra l’altro, approdando a conclusioni prive di significato e financo insensate. Ergo, i soggetti sia non possono costituire il punto di partenza effettivo di una spiegazione razionale del mondo, sia debbono avere a monte della loro esistenza una loro causa specifica. Per forza di cose.

A dispetto di ogni apparente realismo politico, chiunque prenda le mosse da quello che i soggetti fanno e pensano credendo di aver finalmente trovato la fonte che genera la complessità del sistema societario in cui viviamo, va incontro soltanto ad un vicolo cieco dietro l’altro, ad una serie di divieti che rendono i suoi argomenti un colabrodo. Per poter finalmente produrre un’interpretazione significativa del reale societario è invece indispensabile cambiare radicalmente prospettiva.

 

Strade non prese

Divergevano due strade nel bosco. Io presi la meno battuta e di qui tutta la differenza è venuta.

R. Frost

              Inutile dire, a questo punto, chel’intero set di preziosi criteri sopra descritto lo dobbiamo integralmente a Marx. Per poter dunque capire come funziona veramente l’economico dobbiamo conoscere Marx e studiarlo nuovamente. Persino per poter andare oltre il suo lascito intellettuale, come ci è necessario fare, ci è indispensabile prima comprendere a fondo il suo pensiero più sofisticato. Nessuna scorciatoia è più possibile. Del resto, o la facciamo noi o non lo farà nessun altro. Di questo si può esser certi, visto il mondo in cui viviamo.

D’altro canto, una simile impresa ci è imposta persino dal fatto che tutto il marxismo del passato, sia quello di fine Ottocento sia del Novecento, non ha mai saputo niente di quel sottile complesso di distinzioni. Se poi distinguere, almeno per la fisica odierna, significa comprendere, ciò vuol dire solo una cosa: che i mille marxisti del passato e odierni – indistintamente filosofi, storici, economisti, epistemologi, sociologi, ecc. – non hanno mai capito alcunché del mondo reale.

Per di più, tutti questi personaggi, grandi e piccoli, tragici e grotteschi, brillanti e mediocri, cattedratici (per la maggior parte) e no, sono proprio quelli che insieme all’Occidente lo hanno messo in soffitta, nei musei della storia, facendone spesso la caricatura nelle loro sette private (scuole, chiese, ecc., in prevalenza di tipo accademico, più comode come sedi). In tal modo, sono riusciti a cancellare e a far sparire dalla scena, temporaneamente per nostra fortuna, tutto quell’inestimabile patrimonio di concetti.

Come si è visto, Marx ci ha invece offerto delle originali chiavi di lettura del mdpcche non hanno l’uguale nella cultura grande borghese di quest’epoca. Ci ha fatto entrare in un’altra dimensione dello spazio-tempo sociale, invisibile con la logica ordinaria, e messo a nostra disposizione una più specifica forma mentis, dalla quale e tramite la quale è possibile intravedere un’altra, ben differente realtà, un intero altro mondo dentro il mondo neanche sospettato da tutti gli altri critici e interpreti della società capitalistica.

Una simile prospettiva è sicuramente in contrasto col sano buon senso comune delle persone attuali. Nondimeno, non bisogna dimenticare che gli uomini odierni non sono individui qualsiasi paragonabili alle generazioni umane precedenti. Per nulla, come si è visto. Se è relativamente facile immaginare come un individuo del Medioevo potesse ragionare differentemente da noi e si concepisse in maniera diversa da noi, molto più difficile è figurarsi come un uomo di epoca classica, greca o latina, poteva rappresentarsi il suo mondo e il suo posto all’interno di quest’ultimo. Per non dire poi delle comunità arcaiche da cui quelle civiltà sono emerse[8].

Sappiamo tuttavia per quali ragioni i soggetti odierni trovino ostico comprendere cose che il loro intelletto preformato neanche può immaginare. La nostra scommessa sta tutta nella convinzione che sia possibile fuoriuscire da quella gabbia. Benché il capitale ne abbia buttato via persino la chiave, le sue sbarre non sono barriere insormontabili né sono fatte di materiali indistruttibili. Che lo si possa persino sostenere, del resto, è la prova vivente di questo fatto.

Comunque sia, chiunque fosse sorpreso e sconcertato di fronte allo stato di cose prima preso in esame, dentro e fuori il M5S, per quanto ciò sia comprensibile, dovrebbe riflettere su questo classico aforisma dell’antica sapienza cinese:

Conoscere la nostra ignoranza è forza. Ignorare la conoscenza è debolezza.

Lao Tzu

Il più occidentale, ma non per questo meno vero, “so di non sapere” è ancora oggi del resto un viatico essenziale per qualunque analisi innovativa e originale della realtà attuale. D’altro canto, non avrebbe alcun senso per tutti coloro interessati a mandare ad effetto una rivoluzione politica e civile ignorare ciò che potrebbe mettere nelle loro mani la migliore comprensione possibile dell’oggetto da trasformare. Del resto, quando mai si è scoperto qualcosa di nuovo calcando sentieri già noti? Paradossalmente, poi, in ogni caso persino questi ultimi, prima ancora che qualcuno vi lasci eventualmente la sua impronta, sono comunque anzitempo segnati e preordinati da chi di dovere.

Anche se si volesse prescindere, nonostante tutto, per un momento, da tali argomenti, è tuttavia evidente il fatto che la rivoluzione civile e politica prospettata dal M5S, ammesso che riesca a spazzar via tutto il marciume che ammorba da decenni la vita italiana: id est, tutta la decrepita casta politica precedente, come certo è possibile e augurabile che accada, si troverà comunque di fronte ad un colosso storico rappresentato in questo caso dalla civiltà e dalla cultura dell’Occidente capitalistico.

Questa cittadella fortificata, una vera e propria piazzaforte intellettuale a presidio della società odierna e i cui bastioni sono i suoi innumerevoli Atenei, i suoi floridi campus universitari, le sue mille Foundations miliardarie, i suoi molteplici think tank statunitensi ed Europei soprattutto, la sua devota Accademia, i suoi diffusi Centri di ricerca, ecc., non è cosa di cui ci si possa liberare tanto facilmente, tanto meno tramite una (mi auguro sonora) vittoria elettorale.

Si tenga presente infatti il fatto che questo variopinto e rizomatico sistema di formazione dell’Occidente dà la sua foggia e preforma la intera mente dei soggetti – a cominciare naturalmente dalle nuove generazioni, che così diventano rapidamente “mature” già sul ramo dell’albero, nel periodo della loro fioritura, sulla scia d’altra parte di quelle che le hanno precedute –, il modo in cui esse poi penseranno e si potranno raffigurare la realtà, tutte interpretazioni del mondo che vengono dunque mediate e predeterminate da quelle numerosi fonti. E queste ultime sono tutte istituzionali, cioè secernono esclusivamente un complesso di conoscenze – sistemi d’idee, visioni dell’universo, concezioni della natura, immagini della realtà, ecc. – intimamente funzionali alla riproduzione del mdpc e della sua società complessiva.

Mandarle in frantumi per spezzare quel circolo virtuoso, in cui pensare significa ragionare come il capitale vuole che si pensi, non è cosa che possa essere realizzata soltanto tramite una rivoluzione politica e civile. Ci vuole dell’altro. Oltretutto, si tenga presente anche il fatto che le nuove generazioni sono nate da parenti che hanno previamente subito lo stesso trattamento chemioterapico e hanno quindi passato alla loro prole, sin dall’inizio, un genoma cognitivo preordinato e così favorevolmente predisposto per nuove terapie farmacologiche a base di ulteriori cliché (il mondo è come è, il libero arbitrio è un dato della natura umana, la storia è un sistema di fatti, il pensiero riflette la natura, lo Stato è l’incarnazione del bene comune, la Costituzione è il bene supremo della Repubblica, la politica è il motore della storia, esiste un solo universo, la democrazia è la spina dorsale dell’Occidente, e consimili altre facezie).

In particolare, se si tiene conto di tutto quanto constatato sopra, v’è soprattutto bisogno di una sorta di rivoluzione cognitiva che metta a frutto le scoperte di Marx e quanto si avrà modo di toccare con mano tra poco, in maniera da rivoltare come un guanto la pregressa forma mentis degli individui. Si tratta, in altre parole, di apprendere a pensare diversamente tramite una sorta di dialisi intellettuale, con un altro set di nozioni che per loro natura si differenzino dagli stereotipi ricorsivi prima visti, il cui primo effetto non è affatto quello di secernere conoscenza effettiva del mondo, bensì quello, del tutto opposto, di incapsulare il pensiero soggettivo in una serie di paradossi che gli rendano impossibile comprendere tanto il mondo che crede all’inverso di aver capito, quanto persino il fatto che tutto il suo intelletto distilla soltanto insolubili rompicapo.

L’intera cultura dell’Occidente, sfrondata di tutta la sua stucchevole retorica sui valori universali dell’arte, della musica, della religione, ecc., che come orpelli superflui ne occultano la vera natura, consta di tutte le caratteristiche sopra additate e si nutre dei luoghi comuni che queste dispensano a piene mani. Solo che essa svolge le funzioni cruciali viste in precedenza nel preformattare la mente degli individui e non può dunque essere tanto facilmente ignorata se si vuol veramente trasformare la società. Se certo assumere la guida del paese e l’accesso legittimo al potere politico sono la precondizione di ogni cambiamento, quest’ultimo per poter essere condotto in porto ha bisogno di rivoluzionare anche il mastodonte in causa. In primo luogo, mettendo nelle mani dei soggetti un pensiero alternativo rispetto alla vulgata dominante perché possano pescare da soli, se lo credono, i loro pesci.

 

Un Everest a prima vista laico: la scienza

Chi non comprende la scienza sa ben poco del mondo contemporaneo.

R. Omnès

Il pensiero scientifico rappresenta il pensiero dominante dell’Occidente e contestualmente il più potente supporto della logica capitalistica prima presa in considerazione con Marx. Ovviamente, queste sue funzioni emergono in primo piano solo a condizione di accantonare prima di tutto i numerosi stereotipi – corroborati da Accademia, essa stessa dominata d’altro canto dalla comunità scientifica odierna, e MeMe in genere – che ne proteggono status e rango aristocratico nel contesto dei saperi attuali.

Se un epistemologo di fama come Imre Lakatos poteva sostenere che la scienza non era un’assise democratica[9], per contro oggi un influente fisico quantistico statunitense, con invidiabile continuità d’intenti, ci tiene a farci sapere che «la verità scientifica non è decisa da un voto democratico della maggioranza» degli individui[10]. In fin dei conti, dice Tipler, «la realtà fisica non è dipendente dalla opinione di osservatori umani»[11], e se la scienza ne è la spiegazione ultima non può ovviamente che ricalcare la natura del suo oggetto.

Anche in questo caso censire la vasta gamma di stereotipi in causa ci porterebbe troppo lontano. Dal Big Bang al mondo esterno indipendente, dal mito della conoscenza oggettiva alla neutralità della scienza, dalla regolarità presupposta dell’esperienza all’esperimento come court of last resort della conoscenza, dalla natura scritta in linguaggio matematico alla natura platonica della matematica, sono una folla i postulati della scienza.

Fisica classica e fisica quantistica insieme

Congresso Solvay 1925

Convegno Solvay 1925Se già la semplice constatazione di questo fatto ci fa intravedere il suo regno surreale – fatto del resto condensato dallo stesso Tipler in un suo aforisma di sintesi, per leggere il quale qui di seguito è necessario allacciare le cinture: «nel suo livello ontologico più fondamentale, l’universo fisico è un concetto»[12] –, tuttavia non mi è possibile in questo contesto procedere ad una sua analisi più approfondita.

Più opportuno mi sembra mettere in luce almeno due premesse della concezione di Tipler, che qui rappresenta l’epitome massima delle interpretazioni dominanti entro la comunità scientifica attuale, che dimostrano perché la scienza sia la macchina concettuale più potente della logica del capitale, il sistema di conoscenza che meglio e più a fondo di tutti gli altri ne rende granitico il dominio indiscusso. Per poterlo fare nella migliore maniera possibile, è indispensabile prestare attenzione a due atout del discorso di Tipler. La simmetria con le caratteristiche del mdpc prima illustrate dovrebbe risultare da sé e balzare subito agli occhi.

In primo luogo, lo scienziato statunitense, forte dell’arroganza congenita della sua corporazione[13], ci fa sapere che «le libere decisioni degli attori umani sono ontologicamente irriducibili»[14] e rappresentano dunque una proprietà indiscutibile e certa del loro essere al mondo, indipendente da qualunque altra fonte.

Senza in apparenza rendersi conto dei paradossi che enuncia rispetto al suo realismo scientifico, Tipler deduce da tale suo argomento anche due altre conseguenze di non poco momento. Per un verso, infatti, «le libere decisioni dei soggetti sono un fattore irriducibile nella nascita dell’universo fisico e delle sue leggi». Per l’altro verso, «le libere decisioni di tutti i soggetti passati, presenti e futuri collettivamente generano la totalità dell’esistenza»[15].

In secondo luogo, come tutta la comunità scientifica a cui appartiene anche Tipler pensa che esista una sola realtà fisica e che questa in sostanza coincida con i fenomeni osservabili nel mondo dell’esperienza. Non solo. Sulla scia del programma del Wiener Kreis austriaco degli anni ‘20, il fisico statunitense è convinto anche del fatto che solo ciò che è misurabile possa essere oggetto di scienza e che, di conseguenza, tutto ciò che non è computabile non esiste. Questo perché «l’esperimento è l’ultima autorità nella scienza»[16], il vaglio induttivo da parte del reale che decide se una data interpretazione scientifica del mondo è valida o meno.

Inutile far notare a Tipler che ancora prima di qualunque test è necessario che la spiegazione sotto esame sia coerente e non contenga alcuna incongruenza. Come potremmo mai sottoporre a controllo sperimentale, ci fa notare Edoardo Boncinelli[17], una teoria che fosse contraddittoria? Poiché ex falso quodlibet, tutto può essere dedotto da un enunciato incoerente (oppure da una o più proposizioni controverse) e quindi niente può essere veramente compreso[18]. E si noti il fatto che se tutto nella scienza è assunzione[19], l’intero sistema d’idee di quest’ultima finirebbe col constare di una sola, mastodontica, contraddizione dai molteplici volti. Sarebbe la fine, in altri termini, della conoscenza scientifica tradizionalmente intesa o come ci è stata dipinta finora. Oltre al fatto che l’accomunerebbe pericolosamente alla teologia.

Nondimeno, se per il momento lasciamo da parte, magari senza dimenticarla, questa dirimente (e devastante, per la comunità scientifica odierna) constatazione,  è possibile chiedersi in quali precisi punti di convergenza i due enunciati di Tipler, e suo tramite dell’intera scienza occidentale attuale, si sovrappongano alle caratteristiche del mdpc prima viste. Benché la cosa sia forse evidente di per sé, conviene renderla esplicita, giusto per porre in piena luce la parentela di sangue tra natura del capitale e logica scientifica.

In primo luogo, infatti, il fisico statunitense, vale a dire un rappresentante di punta dell’establishment occidentale, presentando il libero arbitrio degli agenti umani addirittura come una caratteristica ontologica[20] della loro specie, fa l’apologia allo stesso tempo proprio della proprietà del soggetto che rappresenta la mediazione per eccellenza del capitale.

Così facendo, Tipler, in altri termini, facendo scienza, fa l’apologia del mdpc e rende quest’ultimo virtualmente immortale o “oggettivo” come l’universo fisico! Insomma, la scienza ragiona come il capitale funziona e quest’ultimo a suo avviso funziona come essa vorrebbe farci credere che la natura dell’individuo sia. Oltre a tutto ciò, Tipler viola apertamente prs e pdc, e in tal modo consegna la fisica e la scienza all’assurdo e all’insensato, ad una logica surreale[21]. Se lo fa evidentemente deve esserci una ragione in questa sua spregiudicata partita a poker. Una qualche importante posta in gioco deve trovarsi da qualche parte.

In effetti, facendo delle libere decisioni del soggetto «una proprietà della natura»[22], oltre a mettere capo suo tramite ad un’apologia del capitale, la fisica quantistica odierna fa allo stesso tempo della realtà materiale un mondo autosufficiente composto esclusivamente «delle forze e delle particelle studiate dalla stessa fisica»[23]. Inutile dire che a questo punto la scienza diventa l’unico pensiero in grado di rivelarci le grandi leggi della natura e assumerne così lo stesso status. Se «i fisici possono inferire per mezzo del calcolo la stessa esistenza di Dio»[24], figuriamoci se non sono in grado di spiegarci l’essere delle cose, la cosiddetta “realtà ultima” di tutto quello che è[25].

In secondo luogo, se questi erano i fini impliciti nel risiko di Tipler, i suoi ulteriori argomenti hanno anch’essi lo scopo di dare vita ad un’altra apologia del mdpc. Anche se tali intenti non sono deliberati, essi emergono comunque di fatto dalla sua dimostrazione.

Infatti, la fisica che Tipler autorevolmente incarna, come si è visto, sia supponendo che esista un unico universo fisico, sia identificando quest’ultimo coi soli fenomeni computabili osservabili nel dominio dell’esperienza, finisce col cancellare dal novero delle cose esistenti il duplice livello di realtà che caratterizza la società del capitale e rappresenta financo la precondizione per poter render conto della sua natura. Se lo faccio sparire dalla scena, rendo impossibile nei secoli avvenire qualunque sua spiegazione razionale.

In pratica, con le sue opzioni Tipler alza un divieto formidabile contro qualunque comprensione:

  1. sia del fatto che viviamo in una sfera derivata di realtà di secondo livello,
  2. sia del fatto che gli individui, proprio in ragione della loro identità di attivi soggetti senzienti in grado di pianificare e realizzare dati loro disegni, sono creature del capitale dipendenti da questa loro fonte,
  3. sia del fatto che comunque tutti gli apparenti stati di fatto osservabili in società (i fenomeni dell’economia, della politica, della finanza, ecc.) debbono presupporre a monte della loro esistenza e del loro stesso apparente status presupposto la causa di cui sono effetti visibili e additabili all’umano intelletto. Anche questi approdi, così, diventano un’altra apologia del capitale e della sua sofisticata logica.

Inoltre, anche per questa via Tipler viola nuovamente, in forma nuova, tanto il prs quanto il pdc, e lo fa paradossalmente dall’interno della scienza (oltre ad averlo fatto nell’analisi della società). I fenomeni reali di cui si occupa la scienza, infatti, per un verso presuppongono e devono comunque presupporre, a monte della loro esistenza, una loro causa e non possono dunque essere resi identici al mondo materiale. Per l’altro verso, hanno senso solo se si presuppone l’esistenza di un ordine sovrano di cui, conformemente del resto al loro stesso nome, sono l’apparizione e la manifestazione nello spazio-tempo dell’esperienza fisica.

Se invece li si assume come tali, come se di essi constasse la natura, si sopprime fraudolentemente la loro origine e si fa dei dati empirici, di un universo derivato di cose e di un oggetto in definitiva ignoto, la fonte della loro spiegazione. Il che non può essere. Nel mondo societario succede del resto la stessa cosa, come si è prima visto. Basti pensare alle rubriche economiche di cui si è a lungo discusso e ovviamente, di nuovo, al libero arbitrio dei soggetti, elevato in maniera trascendente, di nuovo violando le sue stesse tesi, a fondamento incausato della loro esistenza. Il che non può anch’esso essere.

L’intero pensiero scientifico dell’Occidente, la forma più sofisticata di conoscenza della realtà fisica, oltre a rivelarsi come una monumentale pangea congetturale fatta di materia cognitiva[26], rappresenta dunque, per tutte le ragioni sopra additate, un’altra potente legittimazione del mdpc, il sistema di conoscenza del mondo per eccellenza che convalida col peso debordante della sua imponente autorità intellettuale i processi di riproduzione del capitale.

 

Un Everest confessionale: la teologia dell’Occidente

La sola chiesa che illumina è quella che brucia

(Aforisma anarchico)         

  Se è quindi vero, come ci ha fatto sapere Tipler, sulla scia del resto dei padri fondatori della fisica[27], che «la religione è parte della scienza»[28], rimane da chiarire in che modo la teologia dominante dell’Occidente stampi anch’essa il suo imprimatur celeste sulla logica di funzionamento del mdpc.

Benché la Chiesa vaticana sia sempre stata e sia a tutt’oggi un sistema di potere colluso col potere politico e in simbiosi persino col crimine (si pensi agli abusi nei confronti dei minori in mezzo mondo da parte del personale ecclesiastico) e il losco mondo internazionale degli affari odierni (intrecci d’interessi soprattutto con l’elite finanziaria mondiale), quello che qui mi interessa mettere in rilievo è come essa, sulla scia della scienza, dia un suo particolare confessionale finish alle diverse apologie del capitale viste in precedenza.

Wojtyla con Pinochet nel 1986 

(al balcone del palazzo presidenziale di Santiago)

Pinochet e il Papa

D’altro canto, pare davvero inutile ricordare il fatto che la Chiesa odierna esercita comunque una sua presa d’insieme e il suo potere sulle moltitudini planetarie sia tramite le sue mille diramazioni capillari nella società civile (parrocchie, associazioni di infiniti tipi, volontariato multiforme, ecc.), sia mediante la costante, quotidiana, ininterrotta amplificazione della sua ideologia confessionale per mezzo dei MeMe di Stato, privati e di sua diretta proprietà (MeMe che sono oggi il più moderno e sottile braccio propagandistico del Grande Inquisitore).

Oltretutto, non si deve dimenticare che la TC ricorda la sua esistenza a tutti quanti gli individui e si imprime nelle loro menti anche attraverso la miriade di icone confessionali e di luoghi di culto disseminati in ogni dove: agli angoli delle strade, nei crocicchi di campagna, sulle montagne, nella toponimia urbana, nei presidi della sanità pubblica, nei cimiteri, nelle molteplici espressioni della lingua nazionale, nella laica scuola repubblicana, nei laicissimi tribunali di Stato, financo nei musei pubblici (nelle collezioni di arte sacra ed in genere nelle arti figurative dall’epoca alto medievale fino ad oggi). Mai si è vista a memoria d’uomo una simile espansione così minuziosa ed estesa di una dottrina ecclesiastica e dei suoi riti funzionali. Fatta mente locale a questa circostanza, vediamo senz’altro la sua parentela con la scienza (sulla carta la sua prima rivale).

Intanto, c’è poco da meravigliarsi che con una moderna congregatio fidae di queste dimensioni e con la sua molecolare diffusione in tutto il tessuto societario, anche in quello più periferico e persino entro i domicili individuali, la dottrina vaticana possa poi cementare i suoi miti teologici e inocularli nella mente dei singoli, mettendoli così a dimora permanente sin dentro i loro pensieri.

Rispetto a tutte le società precedenti, in simbiosi sin da sempre col sacro e il divino e in cui l’ordine dell’universo, delle cose terrene e in questo il destino degli uomini era preordinato da potenze celesti e dal sovrannaturale, il mdpc è la prima formazione economico-sociale a secernere un individuo in apparenza libero di scegliere e di adottare le condotte più convenienti coi suoi interessi privati.

Il Cristianesimo è proprio l’ideologia confessionale più funzionale e più appropriata a tale natura del soggetto, nella misura in cui l’uomo teologico, in cui la fonte dei suoi contegni coincide con la sue deliberazioni intenzionali, rappresenta, nella sua uguaglianza con Dio, la prima causa di tutto quanto: non a caso il primo principio della politica, diceva il giovane Marx, è la volontà (enunciato ricorsivo in cui si esprime a sua volta la natura circolare della teologia, vale a dire la prima fonte di quel principio9.

Anche per questa via dunque la teologia cristiana – ovvero TC – è la forma di fede più consona e più corrispondente alla natura del capitale, è la sua variante trascendente e nel regno dello spirito (anche se poi la Chiesa ufficiale, tramite i propri selezionati funzionari in abito talare, organizza la comunità e il gregge dei fedeli in modo gerarchico e a sua volta funzionale alla riproduzione della propria casta sacerdotale).

In questa cornice oltremondana, la TC finisce col mettere capo ad una serie di effetti che ci danno tutta la misura della sua importanza per il capitale.

►Per un verso, il soggetto sovrano identico a Dio è dunque in  possesso di un suo illimitato libero arbitrio (LA) (come la fonte divina da cui proviene) di origini celesti e in tal guisa indiscutibile e presupposto, anteposto e già dato, per di più con un’impronta trascendente che lo rende immune da ogni messa in discussione: il sacro non si discute nella fede.

►Per l’altro verso, la riduzione della natura a inerte mondo materiale, tanto con un suo ordine impresso da Dio nelle cose, quanto identico esclusivamente ai fenomeni osservabili, di cui signore e padrone è per di più l’uomo stesso.

►Infine, la cancellazione di ogni differenza tra mondo visibile dell’esperienza e sua causa più interna: ovvero la violazione di prs e pdc tramite la natura presunta divina della fonte da cui il mondo fisico avrebbe avuto origine.

Senza la mediazione del sacro e del liturgico la TC non avrebbe mai potuto approdare a questi risultati, giacché persino un Dio onnipotente, ci fa sapere la fisica odierna tramite Paul Davies, «è soggetto alle leggi della logica»[29]. D’altra parte è necessario che sia così e non potrebbe essere altrimenti se il mondo creato dal suo artefice ha da essere, come è, razionale e intelligibile da parte degli esseri umani per i quali è stato fatto emergere ex nihilo. Se Dio è la suprema intelligenza dell’intero cosmo, è inevitabile che la sua duplice creatura, animata e inanimata, vivente e naturale, abbia gli stessi caratteri razionali della sua suprema fonte.

Tramite il sacro e il divino, dunque, la TC mette capo agli stessi esiti della scienza:

►sia rende l’individuo un soggetto autoreferente, con un suo incausato LA quale fonte di tutte le sue condotte, in modo che questi neanche possa sospettare di mediare con la sua esistenza (il suo pensiero, la sua prassi, ecc.) la riproduzione del capitale;

►sia cancella l’esistenza di più livelli di realtà entro la natura e rende i fenomeni l’unica cosa che esiste nel mondo dell’esperienza (il cui ordine è comunque assicurato da tale fonte trascendente), mediando in questo caso di nuovo col sacro e il divino la violazione del prs e del pdc, occultando con questi mezzi in definitiva la menomazione e l’oltraggio della sua propria natura da parte di se stesso;

►sia infine fa del mondo osservabile l’unico oggetto esistente nell’universo materiale e rende in tal modo superfluo e financo blasfemo immaginare che questo abbia avuto un’origine da una sua qualche causa fisica indipendente preliminare, risolvendo anche per questa via col sacro e il divino il divieto di poter prendere le mosse da oggetti presupposti per poterne spiegare natura e comportamento e mettere così capo alla loro conoscenza.

In pratica, come ci ha spiegato a suo tempo Nicola Cusano, rivelandoci la natura più autentica della TC, per il pensiero confessionale «sapere è ignorare»[30]. A riprova della quasi invisibile simmetria che correla i regni di fede e ragione, anche per la logica scientifica le cose stanno come spiegato da Cusano. Come ci rende noto David Bohm, infatti, anche per la fisica «la conoscenza è un processo basato sull’ignoto»[31].

Stando le cose come stanno, c’è davvero poco da meravigliarsi del fatto che Emile Durkheim abbia potuto ritenere la scienza «nient’altro che una forma più perfetta di pensiero religioso»[32]. Se vi fossero da parte del lettore ancora dei dubbi in merito, questi ultimi dovrebbero essere fugati dall’autorevole opinione di un fisico di professione, Paul Davies:

«La scienza è nata dalla teologia, e tutti gli scienziati, siano essi atei o deisti, e che credano o meno all’esistenza di esseri alieni, accettano una visione del mondo essenzialmente teologica»[33].

         D’altro canto, se persino il famoso «ateismo scientifico» di Tipler[34] faceva della teologia «a strictly natural science»[35], come rimanere sorpresi di quanto sopra ci è stato rivelato? In fin dei conti, scienza e teologia, benché apparentemente di natura formalmente diversa e financo opposta, svolgono parallele e convergenti funzioni di legittimazione della riproduzione del capitale. È dunque logico che siano imparentate tra loro.

 

Logica della politica e trasformazione della società

En la politica, lo real es lo que no se ve.

José Marti

  La rivoluzione politica e civile annunciata dal M5S non può fare a meno delle constatazioni sopra documentate. Potrebbe ignorarle solo se decidesse di chiudere gli occhi di fronte all’evidenza. Ed anche questa sarebbe comunque una circolare opzione politica! Dunque, è indispensabile tenerne conto. Per le molte ragioni già additate.

L’agire politico, stante il suo più intimo carattere derivato, come si è visto, non è in grado da solo né di spiegare la sua esistenza (non può in altri termini render conto di se stesso) né di cambiare la sostanza della società contemporanea. Benché sia in apparenza la logica principe delle condotte individuali, singole o collettive – anche le decisioni dei grandi gruppi finanziari e industriali (BG, GF, WB, IMF, BCE, BIS, ecc.) e dei soggetti che li incarnano (Rockefeller, ecc.), nonché le scelte geopolitiche dei singoli grandi Stati (Usa, Russia, Cina, India, ecc.), cadono entrambi nella rubrica in oggetto –, l’attività politica non può realmente trasformare questo mondo e renderlo migliore. Specialmente se con tale attività si intende rivoluzionarne le fondamenta e non un restyling della sua facciata (ammesso e non concesso, e personalmente non lo credo affatto, che ciò sia possibile in una società come l’attuale, nata a suo tempo addirittura da un olocausto sociale[36] e retta ancora oggi da potenti sistemi di potere propensi al crimine, di cui hanno fatto e fanno largo uso in tutto il pianeta)[37].  

Se per i dominanti l’agire politico, nella misura in cui consente loro di realizzare i loro disegni, ha senso e si rivela uno strumento indispensabile per il loro successo (e per questo non hanno bisogno alcuno di metterlo in discussione), per coloro che sono interessati a cambiare il mondo la politica da sola non può rappresentare il mezzo più appropriato per il conseguimento dei loro fini. Se può forse modificare l’equilibrio delle forze a favore dei dominati (e certo questo aspetto non è trascurabile in determinate circostanze), non può però in alcun modo determinare un passaggio d’epoca e il salto in una diversa società. Tutto il contrario caso mai, stante la sua natura di pensiero magico.

Lasciar governare le proprie condotte solo dalla politica significa in ultima analisi seguire un criterio cieco, una guida per i nostri contegni senza ragion d’essere alcuna e dalla natura semplicemente sacerdotale: è così perché è così. Ma un principio di tal genere non è né può essere un canone di conoscenza e lasciarsi prendere per mano dalla sua logica significa consegnarsi ad un volo senza radar né paracadute alcuno. Stante la sua natura priva di causa, contrariamente a quello che si potrebbe a prima vista pensare, una condotta politica non standard (che si vuole alternativa al potere costituito) non può, a cagione prima di tutto del suo status originario, né sapere cosa fa né perché lo fa né dove conduce in effetti.

Al limite, viste le condizioni al contorno con cui è confrontata, potrebbe anche finire col mettere capo, per altre vie e magari senza persino saperlo, ad una nuova legittimazione del mdpc, alla riproduzione di una nuova gerarchia, ad una paradossale riforma dello status quo e quindi si trasformerebbe in un nuovo soggetto al servizio del capitale. L’agire soltanto politico nella società del capitale non è sufficiente per metterne in discussione la logica e fuoriuscire dai suoi confini e dalla sua natura, i quali se non trasformati entrambi non potranno che inchiodare qualunque prassi alla loro riproduzione.

Mentre per le classi dominanti la logica politica è comunque funzionale alle loro strategie economico-finanziarie, militari e geopolitiche, nella misura almeno in cui le mette in grado di pianificare le loro decisioni e di mantenere un dinamico status quo anche a livello internazionale, per contro coloro che davvero vogliono cambiare il mondo quella logica non è per niente in grado di servire i loro fini. L’illusione più pericolosa per coloro che vogliono trasformare la società, spiegava tempo addietro Paul Watzlawick[38], è che esista un’unica realtà.

Perché i soggetti credano alla logica politica e ne facciano spesso il perno delle loro condotte, lungi dall’essere un fatto pacifico è piuttosto un problema che va spiegato, di cui bisogna render conto, e non può quindi essere trattato come oro colato. Questa è un’altra distinzione dirimente rispetto alla vulgata corrente. E si è vista la potente funzione svolta da scienza e teologia, sulla scia del resto della natura del mdpc, nel corroborare invece la convinzione contraria.

Alla luce anche di queste ultime osservazioni, il M5S non potrebbe che trarre giovamento da una riconsiderazione degli argomenti – l’11 settembre 2001 come un inside job perpetrato dalla stessa elite Usa, ripensare Marx e con lui il mdpc, rileggere scienza e teologia, rivoluzionare la nostra forma mentis pregressa, ecc. – additati in precedenza. Se li facesse oggetto della sua riflessione, come io mi auguro che accada, non farebbe altro che temprare la sua maturità, maturare e dimostrare a tutti quanti di saper sviluppare una logica che è già virtualmente oltre l’Occidente.

Se è vero che il M5S ha reinventato in un certo senso il fare politica, a maggior ragione questi uomini e donne nuovi rispetto alla passate generazioni di professional liars e insieme malfattori, devono munirsi di una mente nuova, di un originale e specifico modo di pensare completamente diverso dal precedente se vogliono veramente andare oltre il presente sistema societario.

Un simile intento non è un’impresa che possa essere affrontata a cuor leggero. Per nostra buona sorte non partiamo da zero. Sarebbe perciò opportuno anche avviare un’attività di studio quanto meno e del pensiero di Marx e della scienza. Il primo, come si è avuto modo di constatare, ci è indispensabile per capire cos’è veramente il mdpc. La seconda, insieme del resto alla sua sorella gemella confessionale, per comprendere come tutto il nostro pensiero sia preformato e preformattato anche dalla razionalità scientifica dominante. Se vuoi liberarti del potere che c’imprigiona, per parafrasare Borges, devi prima conoscerne la reale natura. D’altro canto, per poter aprire una porta e prendere il volo, c’è prima bisogno di una chiave.

Alla luce di queste esigenze, sarebbe forse opportuno che il M5S si dotasse di una Casa editrice in proprio (di un Sito web editore?), che desse vita ad una rete di Centri di studio e ricerca, potrebbe forse dare vita ad Istituti per la formazione della conoscenza, e così via. Sicuramente si tratta di un compito proibitivo (ma proprio per ciò altamente innovativo, nella misura in cui almeno esce fuori dei limiti del convenzionale). D’altro canto, anche un viaggio lungo mille miglia comincia sempre con un primo passo. Organizzare la società civile in vista di una sua diretta partecipazione alla trasformazione del mondo, non è cosa che possa essere affrontata senza adeguati mezzi di comprensione della realtà. Se non è sufficiente sapere come è fatto un sistema per capire come funziona, ancora meno – penso – si può sperare di rivoluzionare la società senza prima aver compreso dove è necessario affondare il bisturi.

Forlì, 19 maggio 2014                                                  Franco Soldani

 

[1] Cfr. ad es. O. Ponte di Pino, Comico & Politico, Cortina, Milano, 2014, p.221: «Le continue congiure di Palazzo nel maggior partito della sinistra, dove si scala la gerarchia burocraticamente per padrinaggi baronali e anzianità correntizia…». Per capire fino in fondo quanto è marcio questo partito è indispensabile leggere anche F. Pinotti, S. Santachiara, I panni sporchi della sinistra. I segreti di Napolitano e gli affari del PD, Chiarelettere, Milano, 2014, pp.25-53, pp.347-382. Da qui veniamo a sapere che lo stesso D’Alema disse anche lui al suo degno Consorte: «Facci sognare!». Non solo. Lo stesso attuale presidente della repubblica, a suo tempo dirigente di spicco del Pci, avrebbe avuto come suo mentore un altro alto dirigente del Pci «in rapporti con la Cia»: nientedimeno che Giorgio Amendola. Con tale maestro, c’è poco da sorprendersi che lo stesso Giorgio Napolitano sia stato «un infiltrato degli statunitensi nel Pci». Che altro dire? Si ricordi comunque che Napolitano è ancora oggi lo sponsor politico del PD e il suo protettore istituzionale di vertice.

[2] Cfr. ad esempio il suo ultimo editoriale in questo stesso fogliaccio del 18 ultimo scorso.

[3] Cfr. A. Macedonio Aldrovandi, Friendly fire. Il sequestro Moro come false flag operation orchestrata dagli USA, in corso di stampa.

[4] Cfr. ad es. I. Cecconi, Il libro nero dell’Alta Velocità. Ovvero il futuro di tangentopoli diventato storia, Koinè, Roma, 2011.

[5] Cfr. ad es. M. Woodiwiss, Gangster capitalism. The United States and the rise of organized crime, Constable, London, 2005, pp.12-13: «Con la complicità di banche ed istituzioni finanziarie statunitensi ed occidentali, durante gli anni ’80 la Banca di Credito e Commercio Internazionale (BCCI) ha aiutato tanto trafficanti di armi, di droga e financo terroristi, nonché diversi cleptocrati internazionali a sottrarsi alla legge con i profitti dei loro crimini. Sin dall’epoca della sua denuncia come banca criminale nel 1991, le prove hanno dimostrato che le attività bancarie della BCCI non erano affatto inusuali, ma al contrario riflettevano soltanto la pervasiva cultura criminale delle grandi imprese». Su tale banca e i suoi più intimi legami col mondo degli affari Usa e dell’intero Occidente, nonché con l’elite politica di Washington (i Bush Senior e Junior, i Carter, ecc.), si vedano anche i seguenti volumi: P. Truell, L. Gurwin, False prophets. The inside story of BCCI, the world’s most corrupt financial empire, Houghton Mifflin, New York, 1992; J. Beaty, S. C. Gwynne, The outlaw bank. A wilde ride into the secret heart of BCCI, Beard Books, New York, 2004.

[6] Si veda di nuovo A. Macedonio Aldrovandi, Friendly fire. Il sequestro Moro come false flag operation orchestrata dagli USA, già citato.

[7] K. Marx, Il Capitale. Libro I, capitolo VI inedito, La Nuova Italia, Firenze, 1974, p.89. Si veda ancora questo passo: «Le funzioni che il capitalista esercita non sono allora se non funzioni dello stesso capitale – del valore che si valorizza assorbendo lavoro vivo – espletate con coscienza e volontà: il capitalista funziona unicamente come capitale personificato, capitale-persona, allo stesso modo che l’operaio funziona come lavoro personificato» (ibid., p.20).

[8] Cfr. ad es. M. Bernal, Black Athena. The afroasiatic roots of classical civilization, 2 vols., Rutgers University Press, New Brunswick (NJ), 1987.

[9] Cfr. ad es. F. Soldani, Il pensiero ermafrodita della scienza. La rivoluzione cognitiva prossima ventura, Faremondo, Bologna, 2009, p.30.

[10] Cfr. F. Tipler, The physics of immortality. Modern cosmology, God and the resurrection of the dead,  Doubleday, New York, 1994, p.171.

[11] ibid., p.229.

[12] ibid., p.209; corsivo mio. È bene precisare il fatto che con Tipler non ci si trova affatto di fronte ad una interpretazione isolata o ad una personale e privata lettura delle cose. Al contrario, Tipler compendia il punto di vista dell’intera fisica odierna, la visione più intima dell’intera scienza occidentale. Ho documentato questa circostanza in due miei lavori: Le relazioni virtuose. L’epistemologia scientifica contemporanea e la logica del capitale, 2 vols., Uniservice, Trento, 2007; Il pensiero ermafrodita della scienza, già citato.

[13] Cfr. ibid., pp.XIII-XIV: «Noi fisici siamo nel complesso un gruppo estremamente arrogante di studiosi. La nostra arroganza nasce dalla convinzione riduzionista che la nostra sia la scienza ultima, e dalle nostre indubitabili conquiste realizzate nel corso di pochi secoli».

[14] ibid., pp.202-203; grassetto mio.

[15] I due passi ibid.

[16] ibid., p.6.

[17] Cfr. F. Soldani, Il pensiero ermafrodita della scienza, cit., pp.103-104.

[18] Cfr. ibid., p.227.

[19] Cfr. ad es. quanto documentato nel mio Il pensiero ermafrodita della scienza, cit., p.97, pp.138-139, p.185, p.234, p.239.

[20] Cfr. F. Tipler, The physics of immortality, cit., pp.294-295.

[21] Pare impossibile, ma Tipler non se ne rende neanche conto: cfr. ad es. il suo paradossale enunciato ibid., p.336: «La scienza è basata sulla ragione e soltanto sulla ragione».

[22] ibid., p.294.

[23] ibid. Cfr. anche ibid., p.1: «un essere umano è un puro oggetto fisico, una macchina biochimica descritta in modo completo ed esaustivo dalle leggi fisiche conosciute».

[24] ibid., p.IX.

[25] Cfr. ibid., p.3: «Lo scopo della fisica è comprendere la natura ultima della realtà. Se Dio è reale, i fisici alla fine lo troveranno».

[26]Nella scienza, asserisce il biologo cileno Humberto Maturana, «tutto è cognitivo», in F. Soldani, Il pensiero ermafrodita della scienza, cit., p.102.

[27] Cfr. ibid., pp.136-137.

[28] F. Tipler, The physics of immortality, cit., p.339.

[29] P. Davies, La mente di Dio, Mondadori, Milano, 1993, p.211.

[30] Cfr. F. Soldani, Il pensiero ermafrodita della scienza, cit., p.252. Sulla logica più intima della teologia, tanto sofisticata quanto perversa, rinvio il lettore interessato al mio Colonialismo cognitivo. Come e perché tutto quello che pensiamo e che non possiamo pensare è preformato dal capitale, dalla scienza e dalla teologia (perfino quando siamo convinti di ragionare con mente indipendente da tutti e tre), Faremondo, Bologna, 2012, in particolare alla Parte terza: La mente dei soggetti e la natura del mondo, pp.72-180.

[31] ibid., p.169.

[32] ibid., p.170.

[33] ibid., p.171. Si veda ancora l’opinione del celebre astronomo Fred Hoyle: «Benché la maggior parte degli scienziati dica di volerla evitare, in realtà la religione domina i loro pensieri ancora più di quelli dei preti», citato ibid., p.277.

[34] Cfr. F. Tipler, The physics of immortality, cit., p.16, pp.305-306: «La  mia teoria deve la sua genealogia, in effetti, ad un materialismo scientifico ateo. Non c’è niente di supernaturale in essa e perciò in nessun suo luogo si fa riferimento alla fede». I fatti, come si è visto, stanno in modo diametralmente opposto.

[35] ibid., p.336.

[36] Cfr. K. Marx, Il Capitale. Critica dell’economia politica, I, Einaudi, Torino, 1975, pp.594-598.

[37] Cfr. di nuovo M. Woodiwiss, Gangster capitalism, cit., p.4, pp.47-49: «Gli autentici padri fondatori delle dinastie industriali e mercantili statunitensi usarono metodi da gangster per controllare i mercati in cui operavano. I fondatori di tali dinastie mostrarono poca esitazione nel praticare la corruzione, il furto, le truffe e l’uso della violenza per promuovere i loro interessi affaristici». Benché «il crimine organizzato fosse la norma piuttosto che l’eccezione nel sistema politico, economico, della polizia e della giustizia degli Stati Uniti», il più importante uomo d’affari statunitense «che abbia impiegato squadre di gangster nella sua lotta contro i sindacati operai è stato senza dubbio il produttore di auto Henry Ford». Forse conviene ricordare ancora una volta quello che il sindacalista inglese dell’Ottocento Thomas Dunning diceva del capitale: «Il capitale aborre la mancanza di profitto o il profitto molto esiguo, come la natura aborre il vuoto. Quando c’è un profitto proporzionato, il capitale diventa audace. Garantitegli il 10%, e lo si può impiegare dappertutto; il 20%, e diventa vivace; il 50%, e diventa veramente temerario; per il 100% si mette sotto i piedi tutte le leggi umane; dategli il 300%, e non ci sarà nessun crimine che esso non arrischi, anche pena la forca», citato in K. Marx, Il Capitale, I, cit., p.934; corsivo mio.

[38] Cfr. P. Watzlawick, How reali s real? Confusion, disinformation, communication, Vintage Books, New York, 1978, p.XIII, pp.221-222.

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